Salva la detrazione del 110% per tutti i lavori pagati entro fine anno, anche se non è possibile cedere il SAL perché non sono stati conclusi. La quota di spese pagata che non entra nel SAL si potrà comunque detrarre, e la detrazione non si perde in ogni caso, anche se alla fine non si raggiunge la riduzione di due classi energetiche perché si decide di tagliare i lavori piuttosto che far fronte alle spese con la detrazione ridotta al 70%.
Per i proprietari con redditi familiari fino a 15.000 euro arriva la possibilità di ottenere il rimborso delle spese eventualmente dovute nel 2024, sia per gli interventi condominiali sia nel caso di villette, in modo da azzerare i costi dei lavori.
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Dalla lettura del testo delle bozze del decreto approvato dal Consiglio dei ministri il 28 dicembre sembra essere questa la soluzione trovata dal governo, che di fatto permette di evitare la perdita dell’agevolazione anche per chi non finisce i lavori e quindi non raggiunge gli obbiettivi di risparmio energetico. Insomma la detrazione si salva anche se in questo modo si vanifica l’obbiettivo stesso del Superbonus, ossia quello di assicurare l’efficientamento energetico degli edifici.
Il testo circolato però, come detto, è solo in bozza e non si esclude quindi qualche possibile correzione con la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale proprio per risolvere alcuni problemi.
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Sì alla detrazione anche senza chiudere i lavori
Per come è scritto il testo fin qui circolato, infatti, si conferma lo stop al 110% con il 31 dicembre di quest’anno, ma si dà la possibilità di usufruire di questa aliquota per tutte le spese effettuate fino a questa data anche se non è stato possibile presentare il SAL, ossia la dichiarazione di stato di avanzamento dei lavori.
La relazione al provvedimento spiega infatti che con la formula individuata le detrazioni spettanti “non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione degli interventi, limitatamente all’importo corrispondente alla detrazione riferibile alla quota dell’intervento effettuato entro il 31 dicembre 2023”.
Resta da capire a questo punto se la quota di spesa effettuata entro il 31 dicembre, ma che non può essere inserita in un SAL, può essere comunque ceduta o solo usufruita in detrazione. Nel primo caso si avrebbe il famoso “SAL straordinario”, nel secondo caso invece si potrebbe solo portare in detrazione l’importo pagato. Il tutto, comunque, anche nel malaugurato caso in cui non sia possibile chiudere il cantiere e quindi non sia possibile ottenere il salto di due classi energetiche.
I cantieri rimasti a metà
Per come è scritto il decreto, dunque, si riconosce il diritto all’agevolazione fiscale anche se i lavori restano a metà, in quanto la detrazione non si perde “in caso di mancata ultimazione dell’intervento stesso, ancorché tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento di due classi energetiche”.
Insomma si vanificano tutti gli sforzi fatti raggiungere la riqualificazione, perché se i condomini non vogliono farsi carico della quota di spesa necessaria per chiudere il cantiere possono farne a meno, anche lasciando il lavoro a metà. Certo è difficile pensare che una volta avviati i lavori per la coibentazione ci sia chi è disposto a lasciare il palazzo senza le rifiniture, ma è un dato di fatto che questa formulazione può dare la possibilità, a chi era contrario fin dall’inizio, di rimettere in discussione il versamento delle rate nel 2024, dal momento che si dovrebbe far carico di pagare il 30% del costo dei lavori (visto il taglio della detrazione al 70% nel 2024), aprendo così il contenzioso sia con gli altri condomini che con la ditta incaricata dei lavori.
Rimborso solo per i redditi bassi
Nello stesso decreto il governo, comunque, offre la possibilità di avere un rimborso per la quota eventualmente a carico ai proprietari con un reddito familiare fino a 15.000 euro, ma anche in questo caso l’intervento è circoscritto. Per avere diritto al rimborso, infatti, deve essere stato raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60 per cento.
Il decreto, comunque, salva i proprietari a basso reddito sia per gli interventi in condominio che per le villette.
Nulla da fare negli altri casi: chi non avesse completato i lavori dovrà scegliere se restare con la casa a metà o pagare la quota a carico, che in questo caso è più elevata. Per le case unifamiliari, diversamente che per i condomini, la detrazione scende al 65% per i lavori di Ecobonus, e al 50% per gli altri interventi.
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Stop alla cessione del credito anche nelle aree sismiche
Il decreto, poi, interviene anche sugli interventi di consolidamento nelle zone sismiche per i quali è ammesso il Superbonus al 110% per gli interventi di ricostruzione fino al 31 dicembre 2025. Si prevede infatti che sia possibile usufruire delle opzioni per sconto in fattura o cessione del credito solo per gli interventi di demolizione e ricostruzione, e solo per questi, a patto che risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori in data antecedente a quella dell’entrata in vigore del decreto.
Inoltre in relazione alle spese per gli interventi avviati dopo l’entrata in vigore del decreto diventa obbligatorio stipulare, entro un anno dalla conclusione dei lavori, polizze “catastrofali”, ossia a copertura dei danni cagionati ai relativi immobili da calamità naturali.
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Lisa De Simone,
Esperta in materia legislativa, si occupa di disposizioni normative e di giurisprudenza di interesse per il cittadino. Collabora da anni con Maggioli Editore, curando alcune rubriche on line di informazione quotidiana con particolare attenzione alle sentenze della Corte di Cassazione in materia fiscale e condominiale.
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