I tempi per realizzare i progetti previsti dal Recovery Plan sono stretti.
Ne avevamo già parlato in questo articolo > PNRR e infrastrutture sostenibili. Progetti entro 2026, ma bisogna correre < dove venivano riprese le dichiarazioni del ministro del MIMS, Enrico Giovannini, attraverso le quali veniva ribadita la necessità di correre per non perdere i fondi del PNRR che dovrà essere presentato entro il 30 aprile 2021 per poi essere messo in atto già dal 1° maggio.
Giovannini, nell’intervista spiega che la prossima grande sfida sta nel ridurre i tempi di realizzazione, dimezzandoli, in quanto entro il 2026 non basta aver speso le risorse, ma le tratte ferroviarie devono essere in esercizio, i porti migliorati, i sistemi di trasporto pubblico locali rinnovati.
A proposito di questa velocizzazione e dello snellimento delle procedure, arriva la proposta, da parte di Roberto Rustichelli, di una sospensione del codice appalti per il tempo necessario a realizzare gli investimenti del Recovery plan.
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Potrebbe sembrare uno slogan elettorale se la proposta non venisse dall’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato, presieduta appunto da Roberto Rustichelli e fosse ufficialmente trasmessa nella segnalazione annuale inviata al Governo insieme alle proposte per la legge sulla concorrenza.
Vediamo nel dettaglio cosa propone l’Autorità Antitrust per rispondere alla necessità delle brevi tempistiche e come mettere in atto i progetti del Recovery Plan.
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Due proposte per velocizzare i tempi
Si parla da tempo di procedere con una riforma del Codice degli Appalti per spingere gli investimenti, ma con il Recovery plan, per l’Autorità non c’è tempo per attuare nel breve tempo una rivisitazione organica.
Pertanto sono state presentate due vie da seguire per risolvere la questione.
La prima prevede la sospensione dell’applicazione del Codice dei contratti pubblici per ricorrere solo alle direttive europee per aggiudicare gli appalti che rientrano nei fondi europei del Next generation Eu e alle opere strategiche.
In questo caso si rende possibile l’eliminazione dei vincoli sul subappalto, l’avvalimento, l’appalto integrato, i criteri di valutazione delle offerte e l’obbligo di nomina di commissari esterni.
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Nell’ottica poi di avviare una riforma complessiva del Codice con l’obiettivo di semplificare le procedure, lasciando maggiore spazio alla discrezionalità delle stazioni appaltanti che tuttavia non sempre è stata apprezzata. A tal proposito l’Antitrust specifica che al riconoscimento di una più ampia discrezionalità delle stazioni appaltanti nel rispetto delle regole deve seguire una riqualificazione delle stesse e anche a una specializzazione delle Pa insieme alla digitalizzazione delle procedure.
La seconda proposta prevede la realizzazione di una task force per le opere Recovery, con l’obiettivo di vigilare sugli investimenti in modo da non far venire meno i presidi per la tutela della legalità delle opere pubbliche. Per l’Antitrust si dovrebbe coinvolgere non solo l’expertise tecnica dei Ministeri e dell’Autorità nazionale Anticorruzione, ma anche le specifiche competenze della magistratura (ordinaria, amministrativa e contabile), nonché le capacità investigative dei reparti che operano quotidianamente nel contrasto alla criminalità organizzata di tipo economico.
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A proposito delle concessioni pubbliche, l’Autorità disapprova stigmatizza la proroga automatica e ingiustificatamente lunga delle concessioni e richiede l’innalzamento dal 60% all’80% della quota dei lavori che i concessionari autostradale devono affidare con gara.
L’Antitrust segnala anche la necessità di completare la riforma dei servizi pubblici locali raccomandando di circoscrivere il ricorso agli affidamenti in house ai soli casi in cui l’alternativa offerta dal mercato non costituisca una soluzione più efficiente.
Un’iniziativa, quella della sospensione del Codice Appalti, che farà discutere. Difatti è arrivata la replica del presidente ANAC.
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Proposta bocciata dall’ANAC
Giuseppe Busia, presidente dell’ANAC ha dichiarato all’indomani della proposta dell’Antitrust: “Non possiamo immaginare una semplice sospensione, totale e immediata, del Codice degli appalti e il ricorso alle sole direttive europee per l’utilizzo dei fondi Next Generation Eu...lungi dal portare un’accelerazione, rischierebbe di bloccare le gare per l’improvvisa assenza di riferimenti certi”.
Tuttavia Busia è d’accordo ad una riforma, ovvero ritiene “opportuna una revisione anche profonda della disciplina“, ma non sostiene affatto il congelamento del Codice: “Il congelamento tout court del Codice, ad esempio, avrebbe pesanti ricadute sulla qualificazione, appesantendo le procedure perché le imprese dovrebbero dimostrare gara per gara la propria capacità esecutiva, ora invece, la verifica è “una tantum” per tutte le gare svolte in un determinato periodo. Altri vuoti si avrebbero sulla programmazione e sulla progettazione, sulla contabilità dei lavori, sulla fase esecutiva e sulle varianti“.
Come intervenire? Per Busia, “dal punto di vista tecnico, appare molto più puntuale e strutturato il parere votato proprio ieri dalla Commissione ambiente della Camera, che valorizza le semplificazioni ottenibili ricorrendo alla Banca dati nazionale dei contratti pubblici, costituita dall’Anac. Nella stessa direzione stiamo proficuamente lavorando in un tavolo tecnico presso il ministro alle Infrastrutture e mobilità sostenibili…Abbiamo già sottoposto al governo e agli organi parlamentari alcune proposte per la completa digitalizzazione delle procedure, l’effettiva qualificazione delle stazioni appaltanti, la riduzione di adempimenti e oneri per le imprese, ad esempio, tramite il fascicolo virtuale dell’operatore economico”.
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