Il proprietario del fondo servente non può trasferire l’esercizio della servitù in luogo diverso da quello nel quale è stata stabilita originariamente (Art. 1068, c. 1, c.c.); tuttavia è possibile derogare a tale divieto qualora l’originario esercizio sia diventato più gravoso per il fondo servente, o se impedisca di svolgere lavori, riparazioni o miglioramenti.
In queste situazioni il proprietario del fondo servente può offrire al proprietario dell’altro fondo un luogo egualmente comodo per l’esercizio dei suoi diritti, e questi non può ricusarlo.
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Esistono anche altri casi in cui è possibile eseguire il trasferimento della servitù. Analizziamoli in questo articolo, estratto dal volume Estimo legale di Massimo Moncelli, edito da Maggioli Editore, dove andiamo ad approfondire meglio cosa accade in caso di abbandono del fondo servente, come avviene la divisione del fondo dominante o del fondo servente e la classificazione delle servitù.
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Quando è possibile il trasferimento della servitù
Il trasferimento del luogo di esercizio della servitù può essere inoltre concesso su istanza del proprietario del fondo dominante, se questi prova che il cambiamento riesce per lui di notevole vantaggio e non reca danno al fondo servente.
L’autorità giudiziaria può anche disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo di proprietà del servente, o di un terzo che vi acconsenta, purché l’esercizio della stessa riesca egualmente agevole al proprietario del fondo dominante.
In merito al trasferimento della servitù rileva una recente sentenza (Cass. civ., sentenza n. 10875 del 25 maggio 2016) della Cassazione civile per la quale la mera ridefinizione dei limiti o dei confini dell’area destinata all’esercizio della servitù non integra gli estremi della violazione dell’art. 1068 c.c., recante il divieto per il proprietario del fondo servente di trasferire la servitù in luogo diverso da quello originario.
Il sunto è che le servitù, essendo prevalentemente di durata perpetua, possono essere soggette a circostanze non previste con un aumento della gravosità per il fondo servente o per il dominante. In questo caso la norma prevede con equità, nel rispetto del criterio di contemperamento degli interessi, che è alla base di questo istituto giuridico.
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Abbandono del fondo servente
In alcuni casi il proprietario del fondo servente è obbligato, in forza del titolo o della legge, a sostenere delle spese per garantire l’uso e la conservazione della servitù. In tale situazione egli può però decidere di liberarsi di tali incombenze rinunciando (Art. 1070 c.c.) alla proprietà del fondo servente a favore del proprietario del fondo dominante.
La rinuncia può essere totale o limitata alla sola porzione del fondo sulla quale viene esercitata.
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Divisione del fondo dominante o del fondo servente
A seguito di compravendite, oppure di successioni e divisioni ereditarie, è possibile che i fondi, sia il servente che il dominante, vengano suddivisi in più porzioni. In tal caso, se il fondo dominante viene frazionato, la servitù è dovuta a ciascuna porzione, senza che però si renda più gravosa la condizione del fondo servente. Viceversa, se è il fondo servente ad essere diviso, la servitù ricade su una parte determinata del fondo stesso e le altre parti sono liberate.
In dottrina si valuta che, a seguito della divisione del fondo dominante, la servitù attiva si fraziona in tanti autonomi diritti per quante sono le parti in cui è stato diviso il fondo, senza che si abbia a danneggiare il fondo stesso, a prescindere dal diritto di proprietà. Ad esempio nel caso di un diritto di passaggio a favore di un fondo dominante, successivamente diviso in più frazioni, ognuna di queste manterrà il diritto sull’originario tragitto, senza poter pretendere un nuovo percorso alternativo.
Un aspetto rilevante interessa invece la divisione del fondo servente; in tal caso la servitù rimane nella porzione assoggettata e quindi la rimanente parte del fondo ne rimane libera. Ad esempio, se un fondo è gravato da una servitù di passaggio in un’area predeterminata, una volta diviso il fondo la servitù permane nel territorio originario dove la stessa era esercitata.
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Classificazione delle servitù
L’ordinamento giuridico ha di fatto proceduto ad una classificazione delle servitù distinguendole in base ad alcune caratteristiche, come da seguente schema:
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Queste limitazioni possono essere ricondotte ad un danno o alla riduzione dei redditi prodotti dallo stesso.
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Massimo Moncelli
Laureato in Scienze Agrarie, esperto di Estimo ed economia immobiliare, membro del Royal Institution of Chartered Surveyors e della Società Italiana di estimo e valutazioni. Iscritto nell’Elenco dei Docenti della Scuola Superiore della Magistratura e nell’albo degli esperti scientifici del MIUR. Autore di numerosi articoli e pubblicazioni tecniche in materia.
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Massimo Moncelli, 2020, Maggioli Editore
31.00 € 29.45 €
Foto:iStock.com/SimonSkafar