La sentenza 1276/2020 del Tar Salerno afferma che il comune non può sospendere o diffidare i lavori edilizi consentibili con SCIA oltre i termini previsti.
Il TAR della Campania, infatti, ha decretato che:
«il ricorso è manifestamente fondato e, come tale, meritevole di accoglimento, stante il vizio assorbente di tipo procedimentale, che inficia l’atto gravato in termini di illegittimità, adottato in violazione dei termini procedimentali legalmente prescritti in materia di SCIA»
Ha quindi avuto esito positivo, il ricorso presentato da un privato cittadini contro un’amministrazione comunale.
Vediamo nel dettaglio.
SCIA edilizia, passati 30 giorni il comune non può intervenire
Il ricorso, accolto il 1° ottobre 2020, è arrivato da parte di un cittadino che chiedeva al Comune di Castellabate di ritirare:
– nota di diniego al progetto di SCIA in Variante per la “Divisione immobiliare e cambio di destinazione d’uso parziale ai piani terra” presentata dai ricorrenti;
– nota di preavviso di rigetto al progetto di SCIA in Variante;
– tutti gli atti presupposti, conseguenti e consequenziali.
In quanto, il ricorrente era titolare del permesso di costruire con variante autorizzata con nota prot., nonché dell’autorizzazione paesaggistica.
L’Amministrazione procedente, in risposta, ha comunicato il preavviso di diniego, mentre, in data 01.07.2020, ha esternato il diniego definitivo con successiva nota prot., unitamente a tutti gli atti connessi e conseguenziali.
Il diniego e tutti gli atti connessi sono poi stati depositati in data 28.07.2020.
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SCIA edilizia, il responso della sentenza
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno ha quindi affermato che:
l’Amministrazione procedente ha esercitato i suoi poteri repressivi oltre il termine di legge di trenta giorni, formalizzando il diniego stesso in un tempo addirittura maggiore.
Ci sono, infatti, precisi termini procedimentali legalmente prescritti in materia di SCIA, che nel caso di specie l’ente locale non rispetta.
Il TAR ricorda che:
– l’art. 19, comma 6 bis, della legge 241/1990 dispone che “nei casi di SCIA in materia edilizia, il termine di sessanta giorni di cui al primo periodo del comma 3 è ridotto a trenta giorni”;
– il decorso dei termini previsti per l’esercizio del potere inibitorio circa i lavori oggetto di SCIA o di DIA, ovvero 30 giorni dalla presentazione della medesima, comporta la definitiva consumazione del potere inibitorio stesso e il consolidamento della situazione soggettiva del dichiarante/segnalante (T.A.R. Firenze, Sez. III, 07/02/2020, n.177;T.A.R. Cagliari, Sez. II, 31/07/2017, n.517);
– è parimenti illegittimo l’operato dell’Amministrazione comunale che, in presenza di SCIA per la realizzazione di un intervento edilizio, adotti provvedimenti di diffida a non proseguire le opere, di sospensione dei lavori o di demolizione dopo che sia decorso il termine di trenta giorni previsto per il consolidamento del titolo, senza fare previo ricorso all’adozione di poteri in autotutela e senza alcuna motivazione in punto di interesse pubblico alla rimozione del titolo annullato e di necessaria comparazione tra interesse pubblico e interesse privato e di prevalenza del primo sul secondo. diversamente opinando, si finirebbe per negare ogni rilevanza alla prescrizione di legge secondo cui l’Amministrazione può e deve inibire i lavori entro trenta giorni e si introdurrebbe nel sistema un elemento di profonda incertezza, rendendo necessario individuare, nel silenzio della legge, quale possa essere il “termine ragionevole” entro il quale l’Amministrazione può annullare senza motivare sull’interesse pubblico (T.A.R. Latina, Sez. I, 06/06/2018, n.290; T.A.R. Milano, Sez. I, 29/12/2016, n.2488).
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