Il proprietario di un appartamento può essere ritenuto responsabile dei danni arrecati a un altro appartamento dalla rottura di una tubazione causata dall’appaltatore cui siano stati affidati lavori di restauro? Esaminiamo la vicenda.
Il titolare di un appartamento facente parte di un condominio decideva di affidare ad alcune imprese l’incarico di ristrutturare il suo immobile; nel corso dei lavori, però, veniva danneggiato l’appartamento sottostante, che subiva infiltrazioni d’acqua, con seguenti danni al soffitto e all’impianto elettrico. Il condomino danneggiato si rivolgeva al Tribunale pretendendo dal proprietario dell’immobile soprastante il risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio il convenuto il quale, oltre al rigetto della richiesta, chiedeva al giudice di poter chiamare in causa le imprese che stavano realizzando le opere nel suo appartamento al momento dell’allagamento. Il convenuto sosteneva di non avere avuto nessuna responsabilità, facendo presente che i danni all’appartamento sottostante erano stati causati dall’imperizia delle imprese appaltatrici che stavano eseguendo i lavori.
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Il Tribunale rigettava la domanda. La Corte d’appello – nel confermare la decisione di primo grado – sosteneva che il convenuto non poteva essere chiamato a rispondere dei danni perché nel caso di specie non ricorreva un’ipotesi di danni arrecati “dalla cosa”, ma di danni arrecati dal fatto dell’uomo; il convenuto non poteva essere chiamato a rispondere ex articolo 2049 c.c. del fatto degli appaltatori, perché l’appaltatore opera in autonomia assumendone il rischio; la responsabilità del committente si sarebbe potuta invocare solo per culpa in eligendo o in vigilando, ambedue non sussistenti nel caso di specie; in ogni caso secondo la Corte di Appello non era possibile stabilire quale, fra i tre appaltatori che si occuparono della ristrutturazione, avesse materialmente generato la causa del danno. Il danneggiato ricorreva in cassazione.
La soluzione
La Cassazione ha dato ragione al ricorrente, sottolineando come il proprietario di un appartamento risponda, ai sensi dell’art. 2051 c.c., dei danni causati dalla rottura di una tubazione causata dall’appaltatore cui siano stati affidati lavori di restauro. I giudici supremi hanno rilevato che tanto una tubazione idrica, quanto l’acqua in essa contenute, sono “cose” per i fini di cui all’articolo 2051 c.c., ed a tali fini nulla rileva se abbiano arrecato un danno perché guaste per vetustà o perché guastate dall’uomo. Nell’uno, come nell’altro caso, infatti, grava pur sempre sul custode l’onere di vigilare affinché la propria cosa non arrechi danno a terzi.
In ogni caso – ad avviso della Cassazione – la responsabilità del custode non può escludersi per il solo fatto che questi abbia affidato a terzi lavori di restauro. Alla luce di questo ragionamento, quindi, la Cassazione ha “cassato” la decisione d’appello, rinviando il giudizio ad altra sezione della Corte d’appello per una nuova valutazione nel merito.
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Riflessioni conclusive
Secondo l’articolo 2051 c.c. (Danno cagionato da cosa in custodia) ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
La responsabilità da custodia prevista dall’articolo 2051 c.c. è una responsabilità di tipo oggettivo in virtù della quale chi agisce ha “solo” l’obbligo di dimostrare il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno. Mentre, al contrario, al custode spetta l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, idoneo a recidere il nesso di causalità tra custodia della res e pregiudizio.
In sostanza, la disciplina in commento esclude l’addebitabilità dell’evento al custode solo qualora l’evento stesso sia derivato dal caso fortuito, inteso nel senso più ampio di fattore esterno (comprensivo anche del fatto del terzo e della colpa del danneggiato) che, nell’intervenire nella determinazione dell’evento dannoso con un impulso autonomo e con i caratteri dell’imprevedibilità ed inevitabilità, interrompe il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento lesivo.
Per evitare di incorrere nella responsabilità in questione il custode ha un obbligo di provvedere, in quanto tale, ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa custodita. Alla luce di quanto sopra è evidente l’invocabilità dell’art. 2051 c.c. nei confronti del custode d’un immobile che abbia arrecato danni a terzi in conseguenza dei lavori di restauro su esso eseguiti. Del resto è altrettanto pacifico che, salva l’ipotesi in cui l’appalto comporti il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile nel quale deve essere eseguito il lavoro appaltato, non viene meno per il committente, detentore dell’immobile stesso, che continui ad esercitare siffatto potere, il dovere di custodia e di vigilanza (Cass. civ., sez. II, 23/12/2021, n. 41435).
>> Qui la sentenza: Corte di Cassazione – III sez. civ. – sentenza n. 21977 del 12-07-2022
Riferimenti normativi: art. 2051 c.c.
Precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., sez. III, Sentenza n. 723 del 27/01/1998
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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Immagine: iStock/Motortion