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9 Dicembre 2020

Ristrutturazione con ampliamento volumetrico, può essere manutenzione straordinaria?

Nuovo appuntamento con la selezione di sentenze settimanale: oggi parleremo di ristrutturazione con ampliamento volumetrico e possibilità di configurarla come manutenzione straordinaria, dehors e necessità del permesso di costruire, strutture per deposito temporaneo di mobili e possibilità di considerarle nuove costruzioni.

In più, parleremo anche di: rideterminazione del contributo concessorio erroneamente liquidato e titolo edilizio per tettoia, qual è obbligatorio?

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Ristrutturazione con ampliamento volumetrico, può essere manutenzione straordinaria?

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 4 dicembre 2020 n. 852

L’intervento che determina l’ampliamento volumetrico dell’edificio preesistente deve qualificarsi come intervento di ristrutturazione edilizia, essendo l’aumento di volumetria incompatibile con il concetto di manutenzione straordinaria

Secondo le definizioni contenute nell’art. 3 del D.P.R. n. 380 del 2001:
– per “interventi di manutenzione straordinaria” si intendono “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni d’uso implicanti incremento del carico urbanistico”;
– per “interventi di ristrutturazione edilizia” si intendono, invece, “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti”; tra gli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche – e assoggettati a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 – quelli che “comportino (…) modifiche della volumetria complessiva degli edifici (…)”.

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Ciò che contraddistingue la manutenzione straordinaria rispetto alla ristrutturazione edilizia è il fatto che, mentre la prima ha una finalità meramente conservativa riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell’edificio lasciandone inalterata la struttura dell’edificio e la distribuzione interna della superficie, la seconda, invece, determina un’alterazione dell’originaria fisionomia e/o della consistenza fisica dell’immobile.

In particolare, appare incompatibile con il concetto di manutenzione straordinaria la realizzazione di un intervento di ampliamento di un immobile, comportando questo una inevitabile alterazione della volumetria complessiva dell’edificio, in contrasto con la definizione di cui al citato art. 3 comma 1 lett. b) del T.U. Edilizia.

Così, ad esempio, è stato deciso che “L’ampliamento di un balcone di circa 50 centimetri in larghezza per l’intera lunghezza di 4 metri, con la conseguente realizzazione di una maggiore superficie di 2 metri quadrati, eccede i limiti della manutenzione straordinaria. Ciò in quanto l’intervento non è diretto ad una mera finalità conservativa, riguardante il ripristino o il rinnovamento di elementi dell’edificio, ma comporta la formazione di ulteriore superficie utile, all’esterno del volume del fabbricato, rispetto a quanto previsto dal titolo” (T.A.R. Milano, sez. II, 06/09/2018, n. 2049).

È stato, altresì, evidenziato che “Affinché si configuri un intervento di ristrutturazione è sufficiente che si possa apprezzare una differenza qualitativa tra il vecchio ed il nuovo edificio, non essendo invece necessario che cambi la destinazione dei locali, né che vi siano incrementi di volume o di superficie” (T.A.R. Brescia, sez. I, 06/05/2014, n. 468).

Conseguentemente, l’intervento che determina l’ampliamento dell’edificio preesistente per mc 66,96, pari all’8,70% del volume complessivo deve qualificarsi come intervento di ristrutturazione edilizia, essendo l’aumento di volumetria incompatibile con il concetto di manutenzione straordinaria.

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Dehors e necessità del permesso di costruire

TAR Toscana, sez. III, sent. 3 dicembre 2020 n. 1583

Serve il permesso di costruire per i dehors

È pacifico l’orientamento della giurisprudenza secondo cui i gazebo e i dehors non precari, ma funzionali a soddisfare esigenze permanenti del pubblico esercizio, vanno considerati alla stregua di manufatti che alterano lo stato dei luoghi ed incrementano il carico urbanistico, a nulla rilevando la precarietà del manufatto, la rimovibilità della struttura e l’assenza di opere murarie, dovendo invece valutarsi l’utilizzo per fini contingenti, per soddisfare esigenze durature nel tempo, per attività non stagionale (cfr. TAR Toscana, sez. III, n. 556 del 17 aprile 2018).

Di conseguenza, non è un manufatto precario ma un intervento di nuova costruzione necessitante del permesso di costruire una struttura in ferro “tipo Dehors” di forma rettangolare, pari a circa 54 mq e di altezza pari a 2,40 mt, con copertura a padiglione in pvc, poggiante su pedana in muratore di spessore di circa 20 cm, chiusa da porte e finestre a vetro scorrevoli.

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Strutture per deposito temporaneo di mobili, sono nuove costruzioni?

TAR Liguria, sez. II, sent. 1° dicembre 2020 n. 879

Non sono interventi di nuova costruzione necessitanti del permesso di costruire un capanno in legno (delle dimensioni di 4 x 5 x 2,5 mt.) appoggiato sul terreno e una seconda struttura in legno scoperta, adiacente alla prima (delle dimensioni di 4 x 4 mt.), utilizzati quali depositi di mobili in occasione di un intervento di ristrutturazione dell’immobile al quale afferiscono

L’art. 3, co. 1, lett. e), del DPR n. 380 del 2001 ricomprende tra gli interventi di “nuova costruzione” la realizzazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, che siano utilizzati, tra l’altro, come depositi o magazzini, «ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee».

La giurisprudenza ne ha dedotto che sono soggetti a titolo edilizio «tutti i manufatti che, pur semplicemente aderenti al suolo, alterino lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e non meramente occasionale» (TAR Campania, Napoli, sent. n. 948 del 2020).

Non sono interventi di nuova costruzione necessitanti del permesso di costruire un capanno in legno (delle dimensioni di 4 x 5 x 2,5 mt.) appoggiato sul terreno e una seconda struttura in legno scoperta, adiacente alla prima (delle dimensioni di 4 x 4 mt.), utilizzati quali depositi di mobili in occasione di un intervento di ristrutturazione dell’immobile al quale afferiscono: si tratta, infatti, di volumi «diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee»; infatti, da un lato, sono agevolmente rimuovibili e vengono utilizzati come deposito di mobili; dall’altro, i lavori di ristrutturazione dell’immobile principale sono stati assentiti e non risultano ancora finiti, non essendo stata inviata alcuna comunicazione in merito; è quindi credibile che i due depositi siano effettivamente utilizzati per soddisfare l’esigenza “meramente temporanea” di contenere i mobili della ricorrente nelle more della ristrutturazione dell’abitazione principale e che gli stessi verranno rimossi una volta che questa si sia conclusa.

D’altro canto, si tratta di due volumi di dimensioni limitate e privi di un’autonoma destinazione rispetto all’immobile principale nonché di un proprio valore di mercato, che dunque non comportano un’alterazione del territorio che possa dirsi «stabile, non irrilevante e non meramente occasionale».

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Rideterminazione del contributo concessorio erroneamente liquidato

TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 4 dicembre 2020 n. 5792

L’importo del contributo concessorio, erroneamente liquidato, può essere sempre oggetto di rideterminazione da parte della P.A., fermo il limite, per la richiesta ovvero per il rimborso, del termine prescrizionale decennale decorrente dal rilascio del titolo edilizio

Non può configurarsi nella fattispecie alcuna decadenza a carico dell’Amministrazione dall’esercizio del potere di rideterminare l’importo del contributo, atteso che “l’importo del contributo concessorio, erroneamente liquidato, può essere sempre oggetto di rideterminazione da parte della p.a. — sia in bonam che in malam partem per il privato — senza incorrere in alcuna decadenza, fermo il limite, per la richiesta ovvero per il rimborso, del termine prescrizionale decennale decorrente dal rilascio del titolo edilizio. Il privato contro gli atti determinativi del contributo, sempre nel termine di dieci anni, può ricorrere (anche nelle forme dell’azione di mero accertamento) dinanzi al giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. f, c.p.a.” (Cons. Stato, ad. plen., 20/08/2018 n. 12).

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Titolo edilizio per tettoia, qual è obbligatorio?

Consiglio di Stato, sez. II, sent. 30 novembre 2020 n. 7601

Serve il permesso di costruire per la tettoia

Secondo la giurisprudenza ormai consolidata, ai fini edilizi la realizzazione di una tettoia non costituisce un intervento di natura pertinenziale (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 25 marzo 2019, n. 904; Consiglio di Stato, sez. VI, 16 marzo 2018, n. 1679; Consiglio di Stato, sez. IV, 8 gennaio 2018, n. 72).

Ai fini edilizi, in specifico, manca la natura pertinenziale qualora sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata un’opera qualsiasi che ne alteri la sagoma, come una tettoia.

Una tettoia, infatti, è parte di un manufatto principale, rappresentando un mero prolungamento di parte di esso, e non costituisce quindi una pertinenza, la quale presuppone l’esistenza di un bene autonomo, anche se accessorio, rispetto a quello principale.

Peraltro, il carattere asseritamente pertinenziale delle opere contestate è comunque escluso dall’apprezzamento delle stesse dimensioni della tettoia, posta in aderenza all’abitazione, che misura mt. 7.50 per mt. 4.00 e ha altezza di mt. 2,20.

Inoltre, in considerazione delle caratteristiche del manufatto, del materiale utilizzato per la realizzazione, dell’ubicazione e del suo utilizzo, si deve ritenere che la tettoia in questione abbia carattere di stabilità, potendo avere un’utilizzazione autonoma, costituendo un’opera esterna per la cui realizzazione è quindi necessaria la concessione edilizia (ora permesso di costruire).

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Foto: iStock/Feverpitched

Fonte: EdilTecnico

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