L’alluvione delle Marche del 15 settembre 2022 e gli effetti scaturiti dallo stesso, hanno nuovamente spostato l’attenzione sulla questione dissesto idrogeologico.
Nuovamente, perché un’esondazione del fiume Misa si era già avuta nel 2014 e perché, purtroppo, non si tratta di un raro evento ma di una situazione già vista con un post tragedia fatto di accuse su responsabilità politiche, amministrative e tecniche.
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C’è chi le definisce “lacrime di coccodrillo” quelle versate dalle istituzioni all’indomani dei tristi eventi, perché il dispiacere provato probabilmente in realtà è un disinteresse ad un problema che ciclicamente si ripresenta senza una soluzione efficace. Colpa della mancanza dei fondi? Pianificazioni territoriali sbagliate oppure, burocrazia farraginosa? Forse l’insieme di tutti questi aspetti.
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Una pianificazione territoriale integrata
Con il Rapporto sul dissesto idrogeologico in Italia 2021 di ISPRA viene fornito un quadro conoscitivo di riferimento aggiornato sulla pericolosità da frana, da alluvioni, sull’erosione costiera e sui relativi indicatori di rischio per l’intero territorio italiano.
Si legge nel documento che i dati del Rapporto rappresentano un elemento utile a supporto delle decisioni nell’ambito delle politiche di contrasto al dissesto idrogeologico, comprese quelle previste nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Stefano Laporta, Presidente di ISPRA e del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), firma la presentazione del rapporto e ricorda che la strategia per la mitigazione del rischio idrogeologico deve mettere in campo una serie di azioni sinergiche che, basandosi su un’approfondita conoscenza del territorio e dei fenomeni che lo caratterizzano, consenta di costruire una pianificazione territoriale integrata ed efficace.
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Integrata, ovvero che alle tradizionali misure strutturali prenda in considerazione anche:
- delocalizzazioni,
- manutenzione del territorio e delle opere di difesa,
- pratiche sostenibili di uso del suolo,
- formazione,
- informazione e preparazione dei soggetti competenti e della popolazione anche attraverso idonei strumenti di comunicazione e diffusione di dati e informazioni.
L’ultimo punto viene considerato obiettivo strategico di trasparenza della pubblica amministrazione e di coinvolgimento delle comunità, in quanto contribuisce a far aumentare la consapevolezza dei cittadini e delle imprese sui rischi che interessano il proprio territorio, con una riduzione dei danni e dei costi.
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PNRR: “un’arma per la lotta al dissesto idrogeologico”
Il CSEL – Centro Studi Enti Locali in un’elaborazione, per Adnkronos, in riferimento ai dati Rendis-Ispra ha affermato che il PNRR rappresenta un’arma importante per la lotta contro il dissesto idrogeologico, in quanto tra le misure previste in materia di territorio, ha previsto lo stanziamento di:
- mezzo miliardo di euro per finanziare la creazione di un sistema avanzato e integrato di monitoraggio e previsione che consenta di individuare e prevedere i rischi sul territorio (M2C4.1-I.1.1-8-9);
- 6 miliardi di euro per la resilienza e la valorizzazione del territorio e per l’efficienza energetica dei Comuni (M2C4.2-I.2.2-14-17) e
- circa 2,5 miliardi di euro da destinare agli interventi per la gestione del rischio di alluvione e per la riduzione del rischio idrogeologico. Questo ultimo importo, che fa capo alla Missione 2, Componente 4, del Pnrr, è appannaggio delle aree che sono state colpite da calamità naturali e dovranno essere utilizzare per ripristinare le infrastrutture danneggiate e ridurre il rischio residuo sulla base di piani di investimento elaborati a livello locale e approvati dal Dipartimento della Protezione Civile entro la fine del 2021.
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Anche Massimo Baccino, presidente di ANCE Savona, fa riferimento al PNRR e lancia un appello agli enti locali affinché vengano previsti progetti organici al fine di prevenire il pericolo di alluvioni utilizzando i fondi del Piano Nazionale.
Baccino ha espresso la necessità di: “Individuare subito risorse all’interno del PNRR per intervenire, specie in un’area così sensibile come il savonese, su quello che è uno dei rischi più imprevedibili, ma al tempo stesso più prevedibili: quello derivante dal dissesto idrogeologico – ha poi aggiunto – è necessario approntare nuovi modelli predittivi e adottare differenti standard di intervento per programmare nuove infrastrutture. Migliorare la gestione della risorsa idrica, ridurre le perdite e adeguare gli invasi sono alcuni degli interventi concreti possibili. Su queste tematiche il settore edilizio è pronto a fare la sua parte“.
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Il ruolo dei tecnici
Per i professionisti tecnici della zona, quello delle Marche è un territorio che non è nuovo a certe criticità.
Viviana Caravaggi Vivian, Presidente dell’Ordine degli Architetti di Ancona, ha dichiarato: “La pianificazione del territorio è una competenza specifica degli Architetti ma è una consulenza che raramente ci viene chiesta mentre coinvolgendo chi è competente di questi aspetti forse tragedie come quella accaduta nel Centro sud delle Marche si potrebbero evitare”.
Per la Presidente dell’Ordine occorre: “incentivare l’iter progettuale, ripensando la capacità di pianificazione urbanistica del territorio, che deve essere tutelato, a cui seguono sia la prevenzione che la manutenzione e non siamo solo noi professionisti a chiederlo ma è nero su bianco per mano della Corte dei Conti che ha redatto il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale” che mette a disposizione fondi ingenti destinati alla Regioni ed enti locali”.
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Foto:iStock.com/LuckyTD