Se la pergotenda presenta elementi laterali in vetro impacchettabili si è lo stesso dinanzi ad attività edilizia libera? Oppure è da considerarsi come veranda?
Come è noto, secondo una consolidata giurisprudenza [1], la pergotenda è un arredo funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’unità a cui accede, sottoponibile come tale al regime di edilizia libera, in quanto riconducibile agli interventi manutentivi liberi ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e-ter) e e-quinquies), del D.P.R. n. 380/2001.
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In simili casi l’opera principale non è, infatti, l’intelaiatura in sé, ma la tenda e la copertura e la chiusura perimetrale che la pergotenda di norma realizza non presentano, proprio per il carattere retrattile della tenda, elementi di fissità, stabilità e permanenza; onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie, come precisato dal Consiglio di Stato nella pronuncia n. 3309 del 25 maggio 2020.
Il Glossario delle “principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera”, allegato al D.M. 2 marzo 2018, include, alla voce 50, la “installazione, riparazione, sostituzione e rinnovamento” di una “tenda, tenda a pergola, pergotenda, copertura leggera di arredo”.
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Pergotenda o veranda?
La recente sent. 25 settembre 2023, n. 256, del TAR Emilia-Romagna, Parma, sez. I, si è dovuta occupare della riconducibilità all’attività di edilizia libera di una pergotenda che presentava una peculiarità: la stessa non era costituita solamente dalla struttura portante e dalla tenda (nel caso specifico, apribile elettricamente), ma anche da sottili elementi verticali in vetro (anziché in plastica trasparente o in tessuto) posti sui lati della struttura (qualificate dal proprietario come antine frangivento) e che scorrevano su binari direttamente collegati alla stessa, ripiegabili manualmente su sé stessi tramite un sistema di impacchettamento.
Secondo il Comune, la struttura realizzata, considerata la presenza dei suddetti elementi laterali in vetro e nonostante la caratteristica dell’impacchettabilità, non poteva considerarsi una mera pergotenda ma una veranda, visto che, in concreto, tali elementi consentivano la chiusura totale della terrazza, creando volume e uscendo dalla sagoma dell’edificio.
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I giudici sono stati di avviso diverso: secondo loro il carattere di complementarietà delle lastre di vetro rispetto al tendaggio sovrastante non ne comportava necessariamente l’idoneità alla produzione di volumetria. L’impacchettamento consentiva, quindi, di escludere che si trattava di “locale chiuso”, con assenza di spazio chiuso stabilmente configurato che, invece, deporrebbe per l’aumento di volumetria e la necessità del titolo abilitativo.
La caratteristica dell’impacchettabilità doveva ritenersi, secondo il TAR, dirimente con la conseguenza che il manufatto realizzato manteneva la caratteristiche di opera ad edilizia libera, ovvero come opera di finitura di spazi esterni e di arredo degli stessi, ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. e-ter) e e-quinquies), del d.P.R. n. 380 del 2001.
In tal senso, i giudici hanno richiamato anche la pronuncia del Consiglio di Stato, sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6979, la quale ha ritenuto che la pergotenda in plastica ritraibile con pannelli laterali di vetro scorrevoli richiudibili a pacchetto non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante e non necessita dunque di titolo abilitativo, posto che l’opera principale non è l’intelaiatura in sé, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata ad una migliore fruizione dello spazio esterno dell’unità abitativa, con la conseguenza che l’intelaiatura medesima si qualifica in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda, e quest’ultima, integrata alla struttura portante, non può considerarsi una “nuova costruzione”, anche laddove per ipotesi destinata a rimanere costantemente chiusa, posto che essa è in materiale plastico e retrattile, onde non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio.
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Infatti, la copertura e la chiusura perimetrale che essa realizza non presentano elementi di fissità, stabilità e permanenza, per il carattere retrattile della tenda e dei pannelli, onde, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato, non può parlarsi di organismo edilizio connotantesi per la creazione di nuovo volume o superficie.
Tale interpretazione è stata, peraltro, confermata anche in prime cure dal TAR Sicilia che, in un caso in cui “l’opera in questione consiste in una struttura in alluminio e tenda impermeabile richiudibile;” laddove “le esistenti cornici della struttura consentono lo scorrimento di vetrate che permettono, in ogni caso, una chiusura non ermetica”, ha ritenuto “che la stessa possa essere ricondotta alla nozione comunemente utilizzata di “pergotenda” alla quale, in assenza di ulteriori specificazioni, si deve ritenere che il Legislatore abbia inteso fare riferimento nell’indicare opere che non richiedono permesso edilizio.”. Il TAR ha concluso, poi, che “In conformità a quanto dedotto in ricorso, deve pertanto ritenersi illegittimo il provvedimento impugnato in quanto adottato sull’errato presupposto che l’opera di cui viene chiesta la rimozione crei volume edilizio e sia soggetta a permesso di costruire”[2].
In collaborazione con studiolegalepetrulli.it
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Mario Petrulli, Avvocato, esperto in edilizia, urbanistica e diritto degli enti locali; collabora con siti giuridici (tra i quali www.ediliziaurbanistica.it) e società di consulenza; è coautore, insieme ad Antonella Mafrica, di pubblicazioni per Maggioli Editore. Titolare dello Studio legale Petrulli (www.studiolegalepetrulli.it)
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[1] Ex multis: TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 8 novembre 2021, n. 7091; sez. IV, sent. 5 gennaio 2020, n. 48; TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 18 maggio 2021, n. 5846.
[2] TAR Sicilia, Palermo, sez. II, sent. 1° marzo 2021, n. 714.
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