Dopo il recente rogo del caseggiato – grattacielo di Milano si è inevitabilmente cominciato a discutere dei pannelli di rivestimento dello stabile che sono “bruciati come cartone” (queste le parole usate dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano). È vero, infatti, che l’innesco del rogo è da accertare, ma sembrerebbe che la veloce propagazione delle fiamme sia legata al cappotto termico dell’edificio, il rivestimento esterno dell’edificio.
Il cappotto termico è un sistema di isolamento che si applica direttamente sulle facciate, all’esterno, senza intervenire all’interno delle unità abitative; in particolare è una soluzione che comporta l’utilizzo di pannelli di materiale isolante di varia natura che vengono applicati alle pareti perimetrali mediante incollaggio e tassellatura.
>> Superbonus, il cappotto termico deve essere antincendio
Si può quindi affermare che il cappotto, una volta installato, costituisca parte integrante dei muri perimetrali, cioè come una nuova pelle isolante che entra a far parte della composizione architettonica esistente. È inevitabile, quindi, che i pannelli posati in modo continuo su una facciata, data la loro indiscutibile funzione isolante dello stabile, rientrino tra le cose comuni. Naturalmente, i prodotti isolanti presenti in facciata devono avere precisi requisiti di reazione al fuoco.
Del resto il progettista del caseggiato dovrebbe pensare anche a scongiurare il rischio che, in caso di incendio, parti della facciata possano cadere compromettendo l’esodo e la sicurezza dei soccorritori.
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I termini per gli adempimenti e adeguamenti antincendio
Ciò premesso, si deve considerare che i problemi legati al pericolo Covid hanno spinto il legislatore a stabilire che tutti i certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni, segnalazioni certificate di inizio attività, attestazioni di rinnovo periodico di conformità antincendio e atti abilitativi comunque denominati, in scadenza tra il 31 gennaio e il 31 luglio 2020, conservano la loro validità per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza (si veda l’articolo 103, comma 2 della legge 24 aprile 2020, n. 27, conversione del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18).
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Inoltre è stato rinviato di sei mesi dal termine dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei Ministri il termine per gli adempimenti e adeguamenti antincendio previsti per il 6 maggio 2020, di cui all’art. 3, comma 1, lett. b), del decreto del Ministro dell’Interno 25 gennaio 2019, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 del 5 febbraio 2019 (art. 63 bis del DL 14 agosto 2020, n. 104, coordinato con la legge di conversione 13 ottobre 2020, n. 126 recante: “Misure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”).
La Torre dei Moro, però, è stata ultimata nel 2011, quindi prima dell’aggiornamento delle linee guida antincendio relative alle facciate degli edifici civili, risalenti al 2013 e poi recepite dal D.M. del 25 gennaio 2019. A tal proposito consigliamo di leggere l’articolo > Antincendio facciate edifici civili: requisiti e regole di progettazione per l’involucro esterno
La vendita a catena e il risarcimento
A prescindere da queste indicazioni normative, non vi è dubbio che – come continuano a ripetere i magistrati – i rivestimenti “non dovevano bruciare così”. Non si può escludere quindi che i materiali utilizzati fossero difettosi.
Si consideri, però, come l’omessa realizzazione del cappotto termico in un condominio costituisca, per l’edificio, un grave difetto e, come tale, sia assoggettato alla tutela, ed i termini, indicati dall’articolo 1669 c.c. Ne consegue che il vizio deve essere denunciato entro un anno dalla sua scoperta, che deve avvenire entro dieci anni dall’ultimazione dell’opera (e purtroppo la Torre dei Mori di Milano è stata costruita tra il 2006 e il 2011 con la conseguenza che potrebbero essere già trascorsi i 10 anni dalla fine dei lavori).
Si deve considerare poi la possibile responsabilità anche delle ditte che hanno fornito i materiali. A tale proposito si ricorda che, salvo il decorso dei termini di prescrizione, l’appaltatore si trova, rispetto ai materiali acquistati presso terzi e messi in opera in esecuzione del contratto, in una posizione analoga a quella dell’acquirente successivo nell’ipotesi della c.d. “vendita a catena”, potendosi, conseguentemente, configurare, in suo favore, due distinte fattispecie di azioni risarcitorie:
- quella contrattuale ex art. 1494 c.c., comma 2, e
- quella extracontrattuale per essere tenuto indenne di quanto versato al committente ex art. 1669 c.c., in ragione dei danni sofferti per i vizi dei materiali posti in opera (Cass. civ., Sez. II, 21/05/2020, n. 9374).
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Chi risarcisce i danni ai condomini?
Naturalmente poi bisogna considerare che normalmente i condomini decidono di stipulare una polizza globale fabbricato che è un’assicurazione a copertura della responsabilità civile derivante dalla proprietà dei partecipanti in un condominio, per danni cagionati da parti condominiali o private (o in condominio parziale), ma sempre inserite nell’edificio assicurato, a terzi o agli stessi condomini, sia per responsabilità oggettiva, sia per colpa.
Si tenga conto, però, che se il caseggiato è assicurato per un valore inferiore al valore effettivo, l’indennizzo del bene danneggiato sarà, a prescindere da eventuali franchigie, ridotto proporzionalmente al difetto di valore (ma se l’incendio fosse cominciato da una parte comune o in conseguenza di una mancata manutenzione, allora le somme mancanti per risarcire i danni dovranno essere pagate dal condominio che è custode delle parti condominiali).
Se l’incendio, però, è scaturito da una singola unità immobiliare, il proprietario custode deve risarcire, oltre il condominio (se vi sono danni alle parti comuni), anche i proprietari delle unità danneggiate (una polizza personale potrebbe coprire tutti i danni, mentre le differenze potrebbero essere coperte dalla polizza del condominio).
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista.
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