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23 Aprile 2021

Infortunio mortale in condominio: quali responsabilità ha l’amministratore?

infortunio mortale in condominio

L’amministratore di condominio, che stipula un contratto di appalto per lavori di pulizia da eseguire nell’interesse del condominio, assume sempre la posizione di committente?

In questo articolo analizziamo il caso in cui l’amministratore che affida ad un’impresa di pulizie lavori, da eseguire nell’interesse del condominio, può assumere la posizione di committente ma non si può prospettare una cooperazione colposa tra tale professionista ed il titolare dell’impresa – datore di lavoro di una lavoratrice deceduta per infortunio nel caseggiato.

Analizziamo il caso nel dettaglio e vediamo cosa è emerso dalla sentenza n. 10136 del 16 marzo 2021 della Corte di Cassazione – IV sez. pen. Il riferimento è l’art. 589 c.p., mentre per i precedenti giurisprudenziali, si fa riferimento alla Sentenza n. 42347 del 15 ottobre 2013 della Cass., Sez. pen. III.

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Infortunio mortale dipendente impresa di pulizia: la vicenda

La vicenda nasceva da un infortunio mortale accaduto a una dipendente di un’impresa di pulizie investita dalla cabina di un ascensore di un condominio mentre provvedeva a pulire delle grate di protezione.

Per tale tragico evento, in primo e secondo grado, veniva condannato per omicidio colposo l’amministratore di condominio. Secondo il Tribunale e la Corte d’Appello, il predetto professionista – ricoprendo il ruolo di committente dei lavori di pulizia delle grate poste a protezione del vano ascensore – aveva omesso di verificare l’idoneità tecnica professionale dell’impresa appaltatrice, nonché di effettuare una compiuta valutazione del documento di valutazione dei rischi (DUVR) della impresa, documento nel quale non erano individuati rischi e pericoli riguardanti operazioni da svolgersi su grate e ascensori e non era prescritta la disattivazione dell’alimentazione dell’elevatore nel corso dei lavori di pulizia sulla griglia.

L’amministratore ricorreva in Cassazione, sostenendo di non essere, come amministratore, titolare di alcuna posizione di garanzia, in quanto l’appalto dei lavori di ripulitura delle grate dell’ascensore era stato deciso ed assegnato mediante una delibera assembleare alla quale lo stesso era vincolato e a cui era tenuto a dare corretta attuazione, senza alcun autonomo potere di azione né di ingerenza in ordine ai lavori deliberati.

In ogni caso l’amministratore sottolineava che sia l’idoneità tecnica sia la capacità organizzativa dell’impresa di pulizie erano state valutate direttamente dall’assemblea.

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Quando l’amministratore di condominio ricopre il ruolo di committente?

La Cassazione ha dato ragione all’amministratore di condominio.

Quest’ultimo, infatti, come notano i giudici supremi, quando affida in appalto i lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio può assumere la posizione di committente, ma solo se i condomini, con delibera assembleare, gli hanno attribuito autonomia di azione e concreti poteri decisionali.

In ogni caso, i giudici di legittimità escludono che a tale professionista sia applicabile la previsione dell’articolo 26 Dlgs. 81/2008 (collegato al concetto di “datore di lavoro”) in quanto non si può prospettare una cooperazione colposa tra il titolare dell’impresa e lo stesso mandatario dei condomini.

Come ha già affermato dalla Cassazione, l’amministratore che stipuli un contratto di affidamento in appalto di lavori da eseguirsi nell’interesse del condominio, può assumere, ove la delibera assembleare gli riconosca autonomia di azione e concreti poteri decisionali, la posizione di “committente”, e, come tale, è tenuto all’osservanza degli obblighi di verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice, dell’informazione sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e di cooperazione e coordinamento nell’attuazione delle misure di prevenzione e protezione (Cass. pen., sez. III, 18/09/2013, n. 42347).

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Questo significa che l’imputazione di una responsabilità penale per violazione della normativa del D.Lgs. n. 81/2008 deve avvenire sulla base dell’accertamento del ruolo effettivamente svolto dall’amministratore e del suo reale margine di autonomia. In altre parole, una mera delibera con cui l’assemblea dei condomini decide di affidare dei lavori condominiali ad un’impresa non può essere presupposto per arrivare automaticamente alla conclusione che l’amministratore assuma tale veste, con tutte le incombenze che discendono ai sensi del T.U. sulla sicurezza del lavoro.

Si deve, quindi, escludere che sia “committente” qualora sia incaricato di dare solamente esecuzione alla deliberazione assembleare (escludendo, in questo caso, la possibilità di un’ulteriore valutazione dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa prescelta o del documento di valutazione dei rischi).

Al di fuori di questa ipotesi, però, nelle trattative relative ai contratti di appalto condominiali l’amministratore, in via preliminare, non deve trascurare l’art. 90 del d.lgs. n. 81/2008, che obbliga il committente a verificare l’idoneità tecnica professionale dell’appaltatore e ad acquisirne la relativa visura camerale e il DURC.

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Così, ad esempio, è stata riconosciuta la responsabilità penale all’amministratore condominiale, in quel frangente committente delle opere oggetto d’appalto e munito di autonomia d’azione e concreti poteri decisionali in forza di delibera assembleare, per aver procurato lesioni personali ai dipendenti dell’impresa incaricata della pulizia del pozzo nero del condominio e di altri due lavoratori sopraggiunti in soccorso degli stessi: in tal caso l’amministratore non si è premurato di acquisire tutta la documentazione inerente la conformità alla normativa antinfortunistica delle attrezzature impiegate e dei dispositivi di protezione, né il DURC (documento di regolarità contributiva) o gli attestati inerenti la formazione dell’appaltatore in relazione ai lavori da effettuarsi in fosse biologiche (Trib. Firenze 21 febbraio 2018).

Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista.

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