(di M. Campagna) Acquistare una casa, per una persona o per una famiglia, è sempre una esperienza importante per una pluralità di motivi, prettamente culturali, che ci portano a considerare l’abitazione come il centro del nostro mondo quotidiano.
Il mercato immobiliare, però, è ricco di insidie e può capitare che l’avventura iniziata con tanta gioia e belle speranze, si trasformi in un percorso impervio ed oscuro.
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Uno degli aspetti che può portare ad incrinare il sogno dell’acquisto della casa è quello dell’entità dell’investimento: noi tutti quando osserviamo gli annunci immobiliari ci preoccupiamo di considerare principalmente se il prezzo offerto è congruo con la qualità dell’immobile ma, soprattutto, valutiamo se l’investimento è alla nostra portata.
Tuttavia, tendiamo a non considerare tutte le altre spese che ruotano attorno alla compravendita immobiliare e che possono avere una incidenza non modesta sull’intera operazione; spese che, nel loro complesso, possono arrivare a contribuire a far lievitare in modo importante la somma da sborsare. In questo articolo, si vuole porre l’attenzione ad uno di questi fattori economici, quello della tassazione della compravendita.
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Le differenze tra prima casa e seconde case
Per circoscrivere il discorso, in questo post parleremo delle imposte per l’acquisto di immobili residenziali, perché, come si vedrà, già solo restringendo in questo modo la riflessione, ci sono diverse variabili che determinano una moltitudine di possibili risultati.
La prima cosa che è bene dire, è che in tutti i sistemi vi è grossa differenza negli importi delle imposte tra prima casa e seconde case.
La prima casa difatti è molto agevolata rispetto alla tassazione ordinaria, ed è bene quindi fornire una infarinatura del concetto: il beneficio viene concesso a chi acquista un immobile esclusivamente come persona fisica, che abbia destinazione residenziale (ma si applica anche alle eventuali pertinenze, quali cantine e box auto, che non possono avere destinazione residenziale ma che sono legate all’abitazione dal vincolo di pertinenzialità), che non sia classificabile come “di lusso”, che abbia la residenza nel comune in cui acquista la casa (o che la trasferirà entro 18 mesi dal rogito), che non abbia già usufruito del beneficio per nessun altro immobile nel territorio italiano, e che non possegga altri immobili ad uso abitativo nello stesso comune.
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L’applicazione del beneficio è facoltativa, nel senso che si può decidere di acquistare un immobile senza le condizioni di favore, e ciò può essere utile quando già si sa che si dovrà acquistare nel breve termine un ulteriore immobile a cui converrà dedicare il beneficio. Le condizioni sono molto stringenti ma non è assolutamente impossibile ottenere il beneficio anche possedendo altri immobili: come visto, se si posseggono altri immobili in altri comuni su cui non si è già beneficiato dell’agevolazione, è possibile attuarla comunque.
Senza dilungarsi oltre su questo tema, che può avere diverse fattispecie e molti casi specifici, è utile giusto rimarcare che il concetto di prima casa nulla ha a che fare con quello di residenza del nucleo familiare e di residenza anagrafica, che rimangono concetti separati anche se incidenti in qualche modo sulla gestione degli immobili.
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La differenziazione delle tasse in base al venditore dell’immobile
Altro importante fattore di differenziazione della tassazione deriva dalla tipologia di venditore dell’immobile: la legge difatti distingue due grandi fattispecie, quella in cui si acquista da un altro privato e quella in cui si acquista da una ditta edile che ha costruito o ristrutturato il fabbricato con l’intento di vendere le unità realizzate.
Queste due casistiche si differenziano principalmente per il tipo di imposta che si applica:
- alla compravendita tra privati non si applica l’IVA, ma vi è una imposta di registro di elevata entità,
- mentre nel caso di acquisto da società, la compravendita ha una imposta forfettaria e di ridotta dimensione, ma si applica parallelamente anche l’IVA.
In entrambi i casi, come si vedrà, si arriva a pagare grosso modo la stessa quantità di imposte, ma con procedure diverse.
Nel caso di acquisto tra privati quindi si applica solo l’imposta di registro, la quale per legge è determinata con aliquota del 9% sul valore (e tra poco diremo quale valore) in caso di acquisto come seconda casa, e del 2% in caso di prima casa.
In caso di acquisto da impresa di costruzioni invece si applica l’IVA sul valore con due aliquote differenti: con quella agevolata al 10% in caso di seconda casa, e con quella del 4% in caso di prima casa. L’aliquota al 4% peraltro si applica anche sulle spese sostenute dal contribuente che edifica la sua prima casa, dunque secondo questo aspetto vi è continuità logica nella norma. Nel caso di acquisto da impresa di costruzioni, si paga comunque l’imposta di registro ma in questo caso è di entità ridotta e di importo fisso, tale da non incidere in modo significativo sul calcolo. Nel caso di acquisto con IVA, il valore imponibile è quello effettivo pagato al costruttore, come se fosse un qualunque acquisto effettuato in un negozio.
Dunque intanto sia che si paghi l’IVA, sia che si paghi l’imposta di registro, si può considerare che se si acquista con beneficio prima casa, l’imposta è del 2% o del 4% a seconda della tipologia di venditore, mentre come seconda casa vi è meno differenza in quanto si tratta del 9% o del 10%.
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Il principio del prezzo-valore
Una volta inquadrato il principio della tassazione, che è tutto sommato semplice, occorre parlare dell’entità del valore a cui si applica l’imposta. Le compravendite che sono obbligatoriamente soggette ad IVA seguono esclusivamente la regola vista sopra: il valore immobiliare pagato per l’acquisto dell’immobile è dunque soggetto all’imposta sul valore aggiunto, in modo semplice e conciso.
Nell’altra fattispecie, quella, cioè, di acquisto tra privati a cui si applica solo l’imposta di registro, il legislatore ha introdotto nel 2005 una specifica norma che consente di calcolare il valore imponibile non sul valore effettivo pagato ma su quello catastale: questo si chiama il principio del prezzo-valore, ed è stata una innovazione importantissima perché ha consentito, nelle compravendite tra privati, di poter dichiarare nell’atto il prezzo effettivamente pagato, in quanto non più rilevante ai fini della tassazione.
Questo principio come accennato consente di calcolare l’imposta sul valore catastale, il quale nelle zone urbane, e soprattutto nelle grandi città, può essere sensibilmente inferiore al valore venale (anche fino a tre volte inferiore), mentre in zone rurali o poco urbanizzate invece può esserci anche una inversione della situazione dove il valore venale può essere inferiore a quello catastale: non è difatti un caso che il principio del prezzo-valore è una facoltà e non un obbligo, tanto è che nel rogito deve essere chiaramente indicato, nel caso, che l’acquirente decide di avvalersene.
Dunque nel caso di attivazione di questo principio, la tassazione segue le regole dell’imposta di registro indicate sopra, ma con applicazione al valore catastale e non a quello effettivamente oggetto di transazione.
I requisiti per poter beneficiare del principio del prezzo-valore sono:
- che l’acquirente sia una persona fisica e che non operi in qualità di professionista, che stia acquistando un immobile residenziale (comprese le eventuali pertinenze anche se non residenziali),
- che la compravendita non sia soggetta ad IVA per obbligo di legge (come nel caso di acquisto da costruttore entro 5 anni dal fine lavori).
Tra i requisiti dunque non vi è quello della prima casa, il che significa che il beneficio può essere attivato anche per le seconde case. Dunque nelle grandi città dove il mercato immobiliare ha portato ad una netta differenza tra valori di mercato e valori catastali, occorre valutare con attenzione l’acquisto da impresa piuttosto che da privati, perché il prezzo finale da dover pagare come imposte può raggiungere differenze importanti, non tanto per le percentuali che si applicano (2-4% per prime case, 9-10% per seconde case) ma quanto piuttosto per la differenza della base imponibile.
L’articolo è a cura dell’Arch. Marco Campagna, autore del volume La compravendita immobiliare: una guida per professionisti e non che risponde alla necessità di offrire al lettore, professionista e non, indicazioni e sostegno nel vasto mare della normativa con riferimento alle responsabilità delle figure professionali, a “cosa chiedere ed a chi”, a cosa pretendere dal venditore ed ai doveri, responsabilità e rischi che si hanno come acquirente, quando si compra o si vende un immobile.
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Foto:iStock.com/Tatiana Sviridova