Abbiamo già parlato del caso degli immobili ante 1967 nell’articolo >> Conformità edilizia immobili ante 1967: ok alla legittimità anche senza documentazione << dove spieghiamo, con le parole di Marco Campagna (autore del Manuale del progettista per gli interventi sull’esistente e per la redazione di due diligence immobiliari, edito da Maggioli Editore) che si tratta di quegli edifici realizzati antecedentemente al 1° settembre del 1967 (giorno di entrata in vigore della l. 765/1967), i quali possono ritenersi legittimi anche in assenza di documentazione tecnica, non essendo all’epoca necessario un titolo edilizio.
Tuttavia, in tali casi rimane la necessità di dimostrare le reali consistenze dei manufatti al momento della loro costruzione o comunque in data antecedente al 1° settembre 1967, poiché anche le modifiche edilizie poste in essere dopo tale data sono da ritenersi soggette a licenza edilizia.
Circa gli aspetti riguardanti la verifica dell’esistenza dell’immobile e gli abusi edilizi, si è espresso il TAR Campania – Napoli con la sentenza n. 3801/2023, pubblicata il 26 giugno 2023.
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Il Tribunale ha respinto il ricorso da parte del proprietario delle opere edilizie oggetto del processo, a suo dire ante 1967, contro il Comune di Pozzuoli che con un’ordinanza ingiungeva la demolizione di tali opere perché ritenute abusive.
Analizziamo insieme il contenuto della sentenza per capire meglio il ruolo di Google Earth in questa vicenda.
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Il caso oggetto della sentenza
Il cittadino ricorrente ha impugnato l’ordinanza deducendo che il comodo rurale era stato costruito, quando non era prevista alcuna autorizzazione edilizia, soprattutto per le opere destinate a servizio di un fondo agricolo.
Le opere interessate sono:
- un muro di contenimento realizzato con blocchi di lapil cemento a ridosso di un terrapieno, le cui dimensioni risultano di m 14,00 circa x m 2,00 di altezza;
- un manufatto di mq 70 circa, completo in ogni opera, arredato e abitato;
- antistante al manufatto risulta realizzato un terrazzino di circa 60,00 mq, pavimentato in parte in piastrelle e la restante parte in calcestruzzo;
- l’area viene delimitata in parte con un piccolo muretto in tufo di m 7,00 circa.
Le opere contestate, a detta del cittadino, erano preesistenti all’anno 1967 e ancora oggi si presentavano con le stesse dimensioni e prospetti di allora, inoltre non arrecavano alcun danno, né aggravavano il carico urbanistico essendo conformi allo strumento urbanistico vigente nel Comune di Pozzuoli e al P.T.P.
Inoltre, si legge nella sentenza, che a detta del ricorrente il muro di contenimento era previsto e regolato dall’art. 2, comma 1 del D.P.R. n. 31 del 13 febbraio 2017, di cui all’allegato “A” – punto A 13, pertanto eseguibile con una semplice SCIA.
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Dalle rilevazioni Google Earth agli accertamenti degli abusi edilizi
Per i giudici il ricorso non merita accoglimento, in quanto il cittadino non ha fornito alcuna prova, circa l’effettiva epoca di realizzazione degli abusi contestati; al contrario, dagli accertamenti eseguiti dagli uffici comunali con rilevazioni satellitari tratte da Google Earth, alla data del 13/09/2007 è risultato presente un piccolo manufatto, di modeste dimensioni, mentre da un rilievo aerofotogrammetrico dell’anno 1983 non compare alcuna costruzione, a comprova che l’opera non solo non può essere datata ante 1967, ma è sicuramente successiva almeno al 1983.
A quanto sopra deve aggiungersi che, da rilevazione satellitare del 19/06/2013, l’immobile risulta, per di più, vistosamente ampliato e trasformato; lo stesso proprietario, del resto, nella perizia tecnica allegata al ricorso, ammette di averlo ampliato. Si è trattato, nella specie, quindi, di un rilevante ampliamento rispetto alla struttura originaria, realizzata dopo il 1983 (da 40 a 70 mq), che non poteva certamente essere ricondotto né nell’alveo dell’art. 3, co. 1, lett. b) del d.p.r. 380/01, né del successivo art. 3bis.
Pertanto il ricorrente ha ampliato l’originario manufatto rurale, destinandolo a civile abitazione; ha, poi, realizzato un muro di contenimento di 14 m, un terrazzino di 60 mq e un muretto in tufo di 7 m, pur avendo sostenuto che il muro di contenimento ed il muretto di tufo sarebbero sempre esistiti e sarebbero stati solo migliorati.
Circa la realizzazione del muro di contenimento previa SCIA, i giudici precisano che tale opera necessita del rilascio del permesso di costruire, delineandosi tra gli interventi di “nuova costruzione” (non ha natura pertinenziale) che non può considerarsi come un intervento di restauro e risanamento conservativo.
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L’abuso nella sua visone complessiva
Tuttavia la mancanza di titoli abilitativi non sarebbe la sola motivazione alla base della sanzione demolitoria predisposta dal Comune, in quanto sussiste anche un’incompatibilità dei manufatti con i vincoli ambientali che interessano l’area dove insite l’abuso (in base al P.T.P. in zona P.I. «Protezione integrale», il cui art. 11 delle norme di attuazione prevede il divieto di qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti).
Il Tribunale specifica, a tal proposito, che la valutazione dell’abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate, dovendosi valutare l’insieme delle opere realizzate nel loro contestuale impatto edilizio e non il singolo intervento. Non è dato, infatti, scomporne una parte, per negare l’assoggettabilità ad una determinata sanzione demolitoria, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante, bensì dall’insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni.
L’opera edilizia abusiva va, dunque, identificata con riferimento all’immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi, avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato.
Ed inoltre, la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comprende non le sole attività di edificazione, ma anche quelle consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell’alterazione della conformazione del suolo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1/04/2019, n. 221).
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Foto:iStock.com/alvarez