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29 Gennaio 2021

Il condominio può beneficiare della tutela del consumatore quando stipula un contratto?

il condominio

Il condominio deve essere considerato sempre un consumatore quando stipula un contratto con un’impresa di costruzioni o un professionista?

Non vi è dubbio che lo scopo delle norme poste a tutela del consumatore sia quello di proteggere anche i singoli condomini nei rapporti contrattuali con controparti più forti, come le imprese di costruzioni o i professionisti.

Tuttavia, si è posto il problema di stabilire se tale principio possa operare anche nel caso in cui le unità immobiliari di proprietà esclusiva dell’edificio condominiale siano prevalentemente o quasi totalmente di proprietà di società commerciali e da esse utilizzati per il conseguimento del loro oggetto sociale.

Vediamo i dettagli.

Il condominio può beneficiare della tutela del consumatore? L’opinione più condivisa

Una società, per definizione, non potrebbe mai rientrare a rigore nella definizione di consumatore; con la conseguenza che qualsiasi rapporto contrattuale riguardante il condominio di cui fa parte una società (o nel quale, in modo analogo, riveste il ruolo di condomino una persona fisica che esercita una qualsiasi attività professionale) dovrebbe essere escluso dall’applicazione della normativa sulla tutela del consumatore.

Tuttavia, la Suprema Corte ritiene che il condominio che stipula un contratto con un soggetto fornitore o con un professionista deve essere considerato alla stregua di un consumatore, con la conseguente applicazione di tutte le tutele previste a favore di quest’ultimo, non solo nei casi in cui il condominio sia privo di amministratore, ma anche quando il contratto venga sottoscritto non da un condomino, ma da un amministratore professionista (Cass. civ., sez. VI, 22/05/2015, n. 10679; Cass. civ., sez. III, 12/01/2005, n. 452; Cass. civ., sez. III, 24/07/2001, n. 10086).

Secondo questa opinione, la qualità di consumatore del condominio prescinde dall’attività professionale eventualmente svolta da ciascuno dei condomini, dalla tipologia di beni immobili in condominio (siano essi appartamenti, garage, o entrambi) e dall’ubicazione dello stabile (App. Milano 13 novembre 2019, n. 4500).

In conclusione, viene considerato più corretto, e aderente allo spirito della legge, ammettere sempre sotto l’ombrello protettivo del Codice del consumo il condominio senza effettuare distinzioni in base alle qualità personali dei condomini.

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Il condominio come consumatore, le conseguenze applicative

Alla luce dell’orientamento precedente è stato sottolineato che la vessatorietà della clausola che prevede la proroga tacita decennale del contratto di manutenzione dell’ascensore in caso di mancata disdetta comunicata sei mesi prima della scadenza, sottoscritta dall’amministratore del condominio, non è esclusa dalla doppia sottoscrizione, laddove manchi la prova che la stessa clausola negoziale sia stata oggetto di apposita trattativa individuale, applicandosi ai contratti conclusi dal condominio la normativa a tutela del consumatore (Trib. Napoli, 15 gennaio 2018, n. 427).

Inoltre, si è precisato che il condominio, in quanto agisce per scopi estranei all’attività commerciale, è un consumatore, essendo del tutto irrilevante che il contratto sia concluso dall’amministratore; conseguentemente, nelle controversie che ne possano derivare trova applicazione la competenza funzionale ed inderogabile del foro del consumatore, cioè del luogo in cui è sito il condominio (Trib. Milano 1 febbraio 2020 n. 885).

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La posizione della Corte di Giustizia Europea (sentenza del 2 aprile 2020)

Secondo la Corte di Giustizia, affinché una persona possa rientrare nella nozione di consumatore, devono essere soddisfatte due condizioni cumulative, vale a dire che si tratti di una persona fisica e che quest’ultima svolga la sua attività a fini non professionali.

Ciò premesso viene ricordato come la normativa condominiale non sia armonizzata a livello dell’Unione europea e gli Stati membri restino liberi di disciplinare il regime giuridico del condominio nei rispettivi ordinamenti nazionali, con possibilità di qualificarlo o meno come persona giuridica.

Il problema è che nell’ordinamento giuridico italiano, un condominio è un soggetto giuridico che non è né una persona fisica né una persona giuridica.

Tuttavia, secondo i giudici del Lussemburgo, la giurisprudenza italiana mira, con tutta evidenza, a tutelare i consumatori; di conseguenza, le norme a tutela dei consumatori possono essere applicate ai contratti conclusi con professionisti da un soggetto giuridico quale il condominio.

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Un orientamento contrario

Secondo una recente decisione (Trib. Milano 26 novembre 2020) non è possibile considerare consumatore anche un condominio interamente adibito allo svolgimento di attività commerciali e/o professionali, con conseguente (ingiustificato) indebolimento della tutela dell’imprenditore che, con un simile condominio, contratti.

Di conseguenza, è necessario accertare quale sia, in concreto, la destinazione degli immobili ricompresi nel condominio. In particolare, per questa tesi, potrà considerarsi consumatore solo quel condominio che risulti composto da unità immobiliari almeno prevalentemente di proprietà di persone fisiche e da queste ultime utilizzate per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.

Appare, però, più lineare e conforme allo spirito della legge, dell’interpretazione di legittimità sulla natura del condominio e a quella di tutela del consumatore ritenere che l’interesse condominiale – quale che sia la natura dei condomini – sfugga alla loro natura imprenditoriale, per rimanere circoscritto alla sola caratterizzazione privatistica (Trib. Massa 26 giugno 2017, n. 552).

Si dovrebbe altrimenti ritenere che il soggetto condominio possa repentinamente cambiare identità al solo mutare della destinazione di qualche unità.

Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista.

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