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31 Luglio 2020

Detrazioni sismabonus, la diagnosi strutturale è il punto di partenza per ottenerle

Le detrazioni Sismabonus, che abbiamo descritto negli articoli precedenti, partono da una preliminare tappa legata alla valutazione del rischio sismico dello stato di fatto dell’immobile, prima degli interventi previsti in progetto.

La campagna diagnostica è costituita da una serie di prove per caratterizzare la qualità delle strutture e le loro resistenze. Al di là dei recenti aggiornamenti fiscali legati al 110%, l’impianto del Sismabonus prevedeva già una detrazione totale del 100% di tutte le spese legate alla diagnostica necessarie al professionista per valutare, mediante modellazione al computer, la classe di rischio allo stato di fatto. Il committente potrebbe anche fermarsi qui, e percepire la detrazione totale delle spese fin lì eseguite per la sola valutazione della sicurezza allo stato di fatto.

Figura 0. Test ad ultrasuoni su colonna in pietra (Sacro Monte di Ghiffa – VB)

>> Leggi Superbonus Sismabonus: istruzioni per l’uso

In diverse occasioni è stata sottolineata la cruciale importanza di prendere coscienza del rischio sismico della propria abitazione, come punto di partenza per sensibilizzare il cittadino ad intraprendere nel tempo conseguenti interventi di miglioramento sismico. Risparmiare sulla conoscenza preliminare non ha mai rappresentato un risparmio sui lavori. Meno dati si conoscono riguardo la qualità e le resistenze degli elementi strutturali dell’edificio, maggiori incertezze si avranno nella valutazione della reale capacità dissipativa della struttura, che si riperquoteranno su un maggior aggravio economico di lavori da eseguirsi per raggiungere un determinato obiettivo di miglioramento sismico.

Magari con l’esecuzione di lavori che, se la struttura fosse stata analizzata con più approfondimento nelle sue reali prestazioni meccaniche, non sarebbero stati necessari. Su questo punto pende il peso del valore del fattore di confidenza, che la norma tecnica introduce ponderandolo in funzione dell’approfondimento realmente conseguito nella fase diagnostica. Tale coefficiente può ridurre ulteriormente i valori delle resistenze, in modo inversamente proporzionale all’approfondimento raggiunto nel livello di conoscenza.

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Un maggior investimento nella fase di conoscenza preliminare significa spesso un risparmio nei lavori, in modo da eseguire solo quelli strettamente necessari. Vediamo quali sono alcune delle principali tecniche diagnostiche applicabili nel campo dell’edilizia esistente, sia per edifici in muratura che in cemento armato, al fine di scegliere le metodologie di indagine più appropriate al singolo contesto e agli obiettivi da raggiungere in termini di miglioramento sismico.

Ricordando che la fase di conoscenza deve comunque essere progettata dal tecnico, mirando ad ottenere risposte specifiche alle sue iniziali ipotesi di analisi della struttura.

Figura 1. Diagramma costo intervento-livello di approfondimento della conoscenza

Diagnostica per edifici in cemento armato (c.a.)

Gli obiettivi principali per la caratterizzazione meccanica di un telaio in c.a. sono la definizione degli schemi di armatura esistente e la determinazione della resistenza del calcestruzzo in opera. La localizzazione delle armature presenti (barre longitudinali e staffe) può essere eseguita in modo non invasivo mediante prova a campione con il pacometro.

La metodologia si basa sul principio della misurazione dell’assorbimento del campo magnetico, prodotto dalla stessa apparecchiatura pacometrica, che viene evidenziato tramite un sistema analogico o digitale accoppiato ad un sistema acustico per una più comoda effettuazione della ricerca degli elementi metallici. Contestualmente è possibile, nei limiti dell’invasività, mettere a nudo puntuali armature per verificarne diametro e tipologia rispetto al progetto originario (qualora sia consultabile).

Figura 2. Prova pacometrica su un pilastro in c.a. e contemporanea messa a vista delle armature per verifica diametro e tipologia (edificio commerciale a Torino)

La determinazione in situ della resistenza del calcestruzzo può essere eseguita attraverso l’utilizzo dello sclerometro di Schmidt o della prova di pull-out. Il primo rappresenta una prova non distruttiva basata sul principio per cui il rimbalzo di una massa elastica dipende dalle caratteristiche di resistenza e rigidezza della superficie su cui urta, fornendo una stima della resistenza in sito che andrebbe comunque confermata da prove di compressione su carote prelevate in situ e portate in laboratorio.

>> Leggi anche Sismabonus, intervento globale per ridurre il rischio sismico

La Circolare 21 gennaio 2019 n. 7 indica il numero delle prove in funzione del fattore di confidenza perseguibile. Per limitare l’invasività dei prelievi, la norma suggerisce di eseguire in sostituzione di un numero di carote comunque inferiore al 50% di quelle previste, prove alternative in congruo numero tra cui lo sclerometro oppure il pull-out. Quest’ultimo arreca un danno limitato all’elemento di calcestruzzo e si basa sulla corrispondenza tra il carico unitario di rottura a compressione del calcestruzzo e la forza necessaria ad estrarre un inserto metallico standardizzato inserito nel calcestruzzo indurito.

Figura 3. (a, a sinistra) cono cementizio di distacco attorno alla porzione di tassello estratto; (b, a destra) martinetto posizionato per prova di pull-out su soletta piena in c.a. all’interno di un edificio antico a Colloro – Premosello Chiovenda (VB)

Esistono anche le prove ultrasoniche, specifiche per sezioni strutturali costituite da materiali omogenei come calcestruzzo o pietra, molto utili per la stima del loro modulo elastico e, mediante opportune tabelle di correlazione con lo sclerometro, per una stima della resistenza a compressione, che si suggerisce comunque sempre di confrontare con risultati delle prove di compressione eseguite sui prelievi. La tecnica si basa sulla generazione di onde elastiche, nell’ambito di frequenze ultrasoniche in un punto della struttura, attraverso trasduttori elettrodinamici. L’elaborazione dei dati consiste nel calcolo del tempo, della velocità e della frequenza di attraversamento dell’impulso nell’elemento strutturale.

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Diagnostica per le strutture murarie

Nella valutazione delle possibili prove in situ da eseguirsi su edifici in muratura, spesso di pregio storico anche se non vincolate, il tecnico deve valutare un giusto compromesso tra test non distruttivi, che tuttavia offrono risultati solo qualitativi anche se importanti, e prove semi-distruttive che indagano direttamente i valori di resistenza. Si consiglia di eseguire i test non invasivi in concomitanza dei punti dove sono previste quelle semi-distruttive, per poi estendere le prime in altre zone dell’edificio confrontando i risultati. In questo modo sarà possibile perturbare le murature solo per lo stretto necessario, estendendo una diagnostica non invasiva e più economica alle restanti parti dell’edificio.

A differenza degli ultrasuoni, non applicabili su sezioni murarie molto eterogenee e con presenza di vuoti, le prove soniche (con vibrazioni elastiche di frequenze variabili tra i 16 e i 20000 Hz) rappresentano la metodologia non distruttiva più adatta per il variegato campo delle murature esistenti. Il test permette di individuare la presenza di vuoti o lesioni, oppure di controllare le caratteristiche della muratura dopo interventi di consolidamento (molto indicata per le iniezioni di malte).

La velocità di attraversamento dell’onda, generata mediante un martellino strumentato e registrata da un sensore dalla parte opposta, fornisce una valutazione sulla qualità della tessitura. Per velocità inferiori a 1000 m/s si è in presenza di murature fortemente danneggiate con presenza di grossi vuoti interni; velocità comprese tra 1000 m/s e 2000 m/s solo rilevabili su murature di media qualità; velocità oltre 2000 m/s sono riscontrabili su murature accuratamente costruite e conservate.

>> Leggi anche Sismabonus: come accedere alle detrazioni previste? Con interventi locali

Per una conferma della stratigrafia della tessitura muraria, spesso con presenza di più strati, è possibile ricorrere all’utilizzo dell’endoscopio che, mediante un piccolo carotaggio di modestissimo diametro, permette anche riprese video e fermo-immagine all’interno della sezione muraria.

Figura 4. Prova sonica sulle murature storiche della Reggia di Venaria Reale (TO): (a, a sinistra) martello emittente; (b, a destra) sonda ricevente

Per valutare numericamente la resistenza a compressione e il modulo elastico della muratura è necessario il test dei martinetti piatti. Poiché rappresenta una tipologia di prova semi-distruttiva, occorrerà limitarne l’esecuzione in un numero strettamente necessario proporzionato alla grandezza e all’importanza dell’immobile. La prova consiste nell’inserimento di un primo martinetto piatto, con forma semicircolare, all’interno di un giunto di malta e nel pompaggio dell’olio al suo interno fino a ripristinare la tensione all’interno della zona prima del taglio.

Figura 5. Prova con martinetto piatto doppio presso il Santuario di Santa Maria delle Grazie a Varoni (Amatrice – RI)

La misura del ripristino della tensione avviene mediante tre trasduttori verticali che misurano il momento in cui lo spostamento si annulla dopo il taglio. A questo punto la pressione indicata dal manometro, a meno di un coefficiente di correzione, indica la tensione di esercizio all’interno della muratura. Utile per verificare se essa sia sollecitata a carichi oltre i limiti di esercizio. La resistenza a compressione e il valore del modulo elastico possono essere misurati con l’inserimento di un secondo martinetto che, in combinazione col primo, esercitano una sorta di prova a compressione su una porzione muraria.

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Fonte: EdilTecnico

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