Il Dl Semplificazioni, in vigore dallo scorso 16 luglio 2020, è stato fortemente voluto per rendere l’ambito della disciplina edilizia e le relative pratiche annesse, più snelle, semplici, efficienti. Il tutto per favorire la cosiddetta “rigenerazione urbana” (che tanto piace alle riviste più patinate del mondo architettese).
Ma siamo sicuri che queste nuove semplificazioni saranno efficaci? Ancora è presto per dirlo, ma di certo a professionisti, tecnici e committenti è utile sapere la rivoluzione che le pagine del decreto hanno portato. In dettaglio: sagoma, sedime, altezze e distanze.
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Demolizione e ricostruzione, riformulata la disciplina delle distanze in edilizia
La disciplina di demolizioni e ricostruzioni tra le altre ha subito un cambio notevole: via libera a demolizione e ricostruzione anche con volumetrie diverse, senza più la necessità di rispettare le distanze minime previste per la realizzazione delle nuove costruzioni dal decreto ministeriale 1444 del 1998, quando non è consentito lo spostamento di sedime. Unico vincolo il rispetto delle distanze preesistenti tra l’edificio abbattuto e le costruzioni vicine. In questo ambito gli incrementi di volumetria possono essere realizzati con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito.
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Sagoma e sedime
L’articolo 10 in materia di semplificazioni edilizie si apre con la riforma della disciplina delle deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati. Le norme sono contenute nel comma 1, lettera a), che riscrive totalmente il comma 1-ter dell’art. 2-bis del TUE.
In questo modo si supera l’attuale disposizione che ammette che negli interventi di ristrutturazione ricostruttiva sia consentito il rispetto delle distanze legittimamente preesistenti, anche se inferiori rispetto a quanto stabilito dal d.m. n. 1444 del 1968, solo a condizione che la nuova costruzione presenti le medesime caratteristiche di sagoma e sedime dell’edificio originario, una previsione che risulta significativamente limitante rispetto ai possibili processi di rigenerazione urbana che ben potrebbero richiedere la trasformazione planivolumetrica degli edifici, legata, per esempio, alla differente destinazione d’uso prevista per gli stessi (per esempio da artigianato di servizio a residenziale) o alla necessità di migliorare le caratteristiche architettoniche e i requisiti tecnici degli edifici. Inoltre, la disciplina vigente impedisce di fatto di riconoscere premialità volumetriche incentivanti di cui usufruire nella ricostruzione dell’edificio.
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Art. 2-bis. (Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati)
PRECEDENTE
1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.
IN VIGORE
1-ter. In ogni caso di intervento che preveda la demolizione e ricostruzione di edifici, anche qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano la modifica dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, la ricostruzione è comunque consentita nell’osservanza delle distanze legittimamente preesistenti. Gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possono essere realizzati anche con ampliamenti fuori sagoma e con il superamento dell’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti. Nelle zone omogenee A, gli interventi di demolizione e ricostruzione, sono consentite esclusivamente nell’ambito di piani urbanistici di recupero e di riqualificazione particolareggiati, di competenza comunale, fatte salve le previsioni degli strumenti di pianificazione urbanistica vigenti.
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Confronto tra vecchia e nuova norma
Con le novità introdotte, nei casi di interventi che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici:
– è obbligatorio il rispetto delle distanze preesistenti;
– si può modificare il sedime;
– si può variare la sagoma.
Quindi la nuova norma rimuove il vincolo del medesimo sedime e della medesima sagoma, stabilendo che, per gli interventi di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione disciplinati da un piano urbanistico che preveda un programma di rigenerazione urbana, la ricostruzione sia comunque consentita con la sola osservanza delle distanze legittimamente preesistenti, qualora le dimensioni del lotto di pertinenza non consentano lo scivolamento dell’area di sedime ai fini del rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini stabiliti dal d.m. 1444 del 1968.
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Altezze e distanze
La normativa in materia di altezze degli edifici e distanze è contenuta negli articoli 8 e 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968 n. 1444.
Con le nuove disposizioni, nel rispetto delle distanze minime preesistenti tra gli edifici, è appunto ammessa la ricostruzione senza più l’obbligo di mantenere la sagoma precedente. La sagoma, sulla base del regolamento edilizio-tipo (art. 4, comma 1-sexies del Testo unico) viene definita come «la conformazione planivolumetrica della costruzione fuori terra nel suo perimetro considerato in senso verticale ed orizzontale, ovvero il contorno che viene ad assumere l’edificio, ivi comprese le strutture perimetrali, nonché gli aggetti e gli sporti superiori a 1,50 m.».
Ora, dunque, il nuovo edificio può essere più largo e/o più alto di quello abbattuto, in quanto gli incentivi volumetrici eventualmente riconosciuti per l’intervento possano essere realizzati modificando la sagoma e l’altezza massima dell’edificio demolito, sempre nel rispetto delle (sole) distanze legittimamente preesistenti, riconoscendo a livello di normativa nazionale le disposizioni già vigenti nella legislazione regionale.
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Conclusioni
In sostanza con questo nuovo testo vengono di fatto “assorbite” nel Testo unico le norme del Piano Casa previsto dall’art. 11 del dl 112/2008 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”. Il testo aveva introdotto infatti la possibilità di ottenere incrementi di cubatura finalizzati alla riqualificazione del patrimonio edilizio e del tessuto urbano. Disposizioni di carattere generale adottate poi dai singoli “piani Casa” a livello regionale sulla base del dl 70/2011 “Prime disposizioni urgenti per l’economia” che autorizzava appunto le regioni a deliberare in questo senso. Ultimo intervento in questo ambito quello del dl 32/2019 (decreto “sblocca cantieri”), che ha introdotto il comma 1-ter nell’art. 2-bis del Testo unico, prevedendo però il limite volumetrico e il vincolo dell’area di sedime. Ora, invece, si liberalizza anche questo aspetto in linea generale.
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