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10 Marzo 2023

Corso di alta formazione sulle patologie edilizie 2023: patologie dei rivestimenti e murature in pietra naturale e laterizio

(di C. Lisci) Il settore lapideo è un comparto dell’industria che, a livello mondiale, vanta una produzione che tocca il valore di 22 miliardi di dollari di fatturato, con ben 90 milioni di tonnellate di materiale estratto destinato all’applicazione nel campo delle costruzioni.

In Europa, l’Italia è al primo posto per produzione, fatturato ed export, dove le aziende coinvolte sono più di 3 mila con quasi 34 mila operatori del settore (Allianz trade report, 2022). La produzione dei laterizi ammonta a 4,5 milioni di tonnellate generando un fatturato di 500 milioni di euro, con circa 60 imprese coinvolte nella loro fabbricazione e 3 mila addetti (Confindustria Ceramica, 2022).

La divulgazione dei temi riguardanti i danni e i difetti dei materiali lapidei è perciò di grande utilità per prevenirne le patologie e per salvaguardare un patrimonio privato, pubblico e socio-culturale per i quali complessivamente sono state investite ingenti risorse (umane ed economiche) nelle nuove costruzioni, ristrutturazioni e nel restauro dei beni architettonici.

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L’obiettivo del modulo I – Patologie dei rivestimenti in pietra naturale e laterizio del Corso di alta formazione sulle patologie edilizie 2023 è formare i partecipanti alla comprensione e all’interpretazione delle patologie dei rivestimenti edili in pietre naturali e in laterizio, partendo dalla spiegazione dei fenomeni che stanno alla base dei processi chimici, fisici e meccanici e che, insieme agli errori di posa e ad altri interventi impropri, portano al deterioramento dell’involucro edilizio, in modo così da evitarne l’incidenza.

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La cura nella scelta dei materiali per rivestimenti edilizi in pietra naturale e laterizio

I rivestimenti devono essere selezionati in base a delle caratteristiche che rispondono a specifici requisiti di durabilità, i quali si diversificano in base alle condizioni di esercizio che includono la destinazione d’uso, il contesto climatico generale e le condizioni micro-ambientali specifiche.

Inoltre, bisogna analizzare anche tutti gli altri fattori che contribuiscono ad un rapido deterioramento dell’involucro edilizio:

  • presenza di soluzioni e nebbie saline,
  • diffusione di inquinanti,
  • cicli di gelo/disgelo,
  • colonizzazione biologica,
  • radiazione solare dannosa soprattutto per i protettivi di natura organica,
  • l’accoppiamento fra materiali chimicamente incompatibili e con diversa deformabilità, e tanti altri.

Per questo motivo, i materiali devono essere scelti in base alla loro composizione e struttura, con formati e spessori correttamente dimensionati e che meglio si adeguano a specifici requisiti, oltre che a determinate tecniche e prodotti per la posa. In egual misura, anche tutti i sistemi preventivi, manutentivi e correttivi devono essere esaminati secondo una prospettiva più ampia e progettati accuratamente in modo da preservare, nel tempo, la durabilità e restituire qualità, efficienza e valore economico al rivestimento.

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Patologie frequenti ma poco comprese all’origine: come approcciarsi alla diagnosi

In cantiere, l’approccio alla comprensione delle patologie inizia sempre da un riconoscimento delle forme di alterazione e di degrado che si presentano, le quali devono essere descritte con un linguaggio tecnico universalmente accettato e comprensibile da tutte le parti coinvolte in un eventuale contenzioso.

Partendo dal presupposto che si conoscano le condizioni a contorno, e sulla base delle forme di alterazione individuate, si attribuisce la manifestazione del danno alla natura del lapideo, alle tecniche e ai prodotti per la posa del rivestimento, alla tipologia e caratteristiche del supporto (rigidità, resistenza meccanica e stabilità dimensionale) e alle possibili concause di natura accidentale come carichi inattesi, perdite e infiltrazioni, eventi estremi e altre valutazioni del caso.

In riferimento ai materiali lapidei si devono considerare: composizione; tessitura; stima del grado di compattezza e porosità del materiale che saranno eventualmente supportati da analisi di laboratorio secondo normativa, o le quali informazioni sono già reperibili nella scheda di conformità; finitura superficiale quando presente; presenza di trattamenti conservativi; altre informazioni specifiche e prescrizioni dei produttori e fornitori.

Rispetto alle tecniche di posa, queste ultime si differenziano in: posa a umido tradizionale mediante imbottitura di malta; posa a umido mediante strato collante; posa mista mediante applicazione di malta supporta da zanche metalliche; posa a secco mediante fissaggio di ancoraggi metallici nel caso di rivestimenti per facciate ventilate o micro-ventilate; tecniche moderne combinate.

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Quattro esempi delle patologie più diffuse ma poco comprese

In figura 1 si hanno quattro esempi di patologie di rivestimenti in pietra naturale e laterizio, le quali saranno approfondite durante il corso di formazione.

Fig.1_Patologie diffuse ma spesso poco comprese. Fig.1a: macchiatura e colaticcio sul rivestimento in scisto. Fig.1b: danni derivanti da errato dimensionamento dell’ancoraggio metallico. Fig.1c: degrado del protettivo idrorepellente di natura organica applicato sul granito. Fig.1d: degrado di una muratura in laterizio derivante da scarsa qualità dei mattoni

In figura 1a – Macchiatura irreversibile di un rivestimento a cassero con elementi in scisto nero. Le analisi di laboratorio hanno confermato l’origine delle macchie bruno rossastre attribuibili all’elevato tenore di solfuri di ferro, che in presenza di umidità e ossigeno si alterano portando alla successiva formazione di ematite e altri ossidi/idrossidi di ferro che hanno macchiato irreversibilmente la lastra. Le macchie bianche invece, sono di natura organica e appartengono al collante applicato per la posa. La mancata sigillatura delle fughe ha permesso l’ingresso di umidità e di acqua derivante da pioggia diretta e la formazione di condensa sui bordi della lastra, provocando il degrado della colla e la sua liquefazione, rendendolo particolarmente vulnerabile ai cicli termici di gelo-disgelo e alle escursioni termiche. Tale fenomeno di macchiatura è definito “colaticcio”.

In figura 1b – Trattasi di una facciata micro-ventilata dove le lastre di calcare compatto sono state fissate al sottofondo mediante ancoraggio. In corrispondenza dei fori di ancoraggio si evidenzia il cono di rottura intorno al tassello, le cui dimensioni dipendono dall’entità delle tensioni agenti e quanto queste eccedano la resistenza a trazione del lapideo. Due lesioni della lastra, una che parte dallo spigolo in alto a sinistra e l’altra in corrispondenza del tassello fa intuire che la pietra ha sofferto delle dilatazioni impedite ed elevate deformazioni differenziali con il metallo a contatto. In questi casi, bisogna verificare il corretto dimensionamento dell’ancoraggio attraverso il carico di rottura della pietra in corrispondenza del foro di ancoraggio, la resistenza al taglio dell’ancorante e la corretta posizione del foro rispetto al bordo in funzione del suo formato.

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In figura 1cRivestimento in granito la cui superficie è stata protetta mediante l’applicazione di un prodotto idrorepellente di natura organica. L’idrorepellente applicato possedeva un alto peso molecolare e, poiché il granito ha un assorbimento d’acqua a pressione atmosferica in media dello 0.40% e una porosità aperta che varia in media dallo 0.4 all’1%, si è creato un film superficiale. La formazione di film superficiale sui materiali lapidei, ma anche la formazione di pellicole derivanti da un sovradosaggio o da incompatibilità chimica sono da evitare perché possiedono proprietà fisiche e meccaniche differenti da quelle della pietra quali traspirabilità, rigidità e maggiore instabilità chimica (specialmente quando esposti ai raggi UV), caratteristiche per cui il film tenderà a fessurarsi e a spellicolare, talvolta causando variazioni cromatiche della superficie del lapideo e altre forme dipendenti dalle circostanze.

In figura 1dMuratura in mattoni pieni in laterizio su cui è stato realizzato un ciclo di intonacatura e pittura la cui integrità è stata fortemente compromessa dagli agenti del degrado. Il distacco dell’intonaco e della pittura porta a vista i mattoni che hanno una pasta incoerente, dove si trovano dispersi aggregati di grandi dimensioni che ne interrompono altresì l’uniformità. Tale aspetto fornisce delle chiare indicazioni riguardo i processi produttivi e la durabilità del prodotto finale posto in opera. Un impasto, cui l’uniformità è disturbata e l’adeguata ceramizzazione delle argille è impedita, conserva buona parte della porosità originaria, ragion per cui il laterizio finale sarà particolarmente sensibile ai cicli di bagnatura e asciugatura, ai fenomeni gelivi e aloclastici, all’eventuale presenza di soluzioni acide e ad altri agenti del degrado concomitanti. In più, un laterizio poroso e non precedentemente bagnato tenderà a bruciare l’intonaco e ad assorbirne l’acqua di impasto (e relativi sali), che è indispensabile sia adeguatamente dosata per prevenirne, in tal caso, fenomeni di ritiro.

L’articolo è di Carla Lisci – Dottoranda di Ricerca presso il laboratorio Hércules dell’Università di Évora, i suoi studi attuali si concentrano sull’applicazione di formulazioni chimiche utili alla protezione e alla conservazione dei materiali lapidei naturali. Partecipa alle attività finalizzate alla caratterizzazione fisica, meccanica e mineralogica dei lapidei naturali secondo normativa UNI-EN-ISO. Carla Lisci è docente di patologie dei rivestimenti in pietra naturale e laterizio (Modulo I – involucro) del Corso di Patologie Edilizie 2023, organizzato da International Campus, con la collaborazione di ThePLAN e il contributo incondizionato di Maggioli Editore, inoltre è autrice, insieme a Fabio Sitzia, del volume Degrado, danni e difetti delle pietre naturali e dei laterizi edito da Maggioli Editore.

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Foto di copertina: Ossidazione di grandi inclusioni di minerali contenenti ferro, la cui lisciviazione macchia la parete (colaticcio) ©Degrado, danni e difetti delle pietre naturali e dei laterizi – Maggioli Editore

Fonte: EdilTecnico

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