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14 Luglio 2020

Copertura terrazzo retrattile: quale permesso serve?

La rassegna settimanale delle sentenze per l’edilizia e dell’urbanistica si apre con un tema molto attuale: per coprire un terrazzo con un sistema retrattile, quale permesso serve? E cambia qualcosa se l’intervento avrà finalità economica?

Le altre tematiche trattate oggi sono: quale permesso serve per una recinzione costruita in rete e aste metalliche? Ordinanza di demolizione, può decadere? Ricostruzione di un rudere, che qualifica edilizia ha l’intervento? Mancata ottemperanza dell’ordine di demolizione, quando decorre la prescrizione?

Copertura terrazzo retrattile: quale permesso serve?

TAR Umbria, sez. I, sent. 8 luglio 2020 n. 310

Serve il permesso di costruire per la copertura retrattile telonata dell’intero terrazzo di pertinenza del ristorante della società ricorrente, realizzata in PVC ad un’unica falda con altezze che variano dai circa 3,10 mt in gronda ai circa 3,85 mt al colmo, cui si aggiunge la copertura dei tre lati verticali liberi, anch’essa realizzata con teli in PVC retratti, tutti sorretti da una struttura in acciaio e alluminio ancorata tramite staffe al solaio ed agli elementi verticali in muratura perimetrali al terrazzo stesso, sul quale risulta altresì l’installazione di due porte d’uscita di sicurezza con maniglione antipanico e di impianti di illuminazione tramite piantane e di condizionamento tramite splitter.

CHIUSURA PORTICATO
Serve permesso di costruire? In quale caso?

Serve il permesso di costruire per la copertura retrattile telonata dell’intero terrazzo di pertinenza del ristorante della società ricorrente, realizzata in PVC ad un’unica falda con altezze che variano dai circa 3,10 mt in gronda ai circa 3,85 mt al colmo, cui si aggiunge la copertura dei tre lati verticali liberi, anch’essa realizzata con teli in PVC retratti, tutti sorretti da una struttura in acciaio e alluminio ancorata tramite staffe al solaio ed agli elementi verticali in muratura perimetrali al terrazzo stesso, sul quale risulta altresì l’installazione di due porte d’uscita di sicurezza con maniglione antipanico e di impianti di illuminazione tramite piantane e di condizionamento tramite splitter.

Si tratta di intervento che, per modalità di realizzazione, ha determinato uno stabile ampliamento della superficie chiusa adibita a ristorante (come peraltro dimostrato dalla porta di sicurezza, dalla postazione di controllo della sala e dagli impianti di illuminazione e climatizzazione installati sulla terrazza).

Ne consegue l’irrilevanza dei rilievi addotti a sostegno dell’inquadramento dell’intervento in questione nel regime di edilizia libera, quali la natura pertinenziale della terrazza, il carattere retrattile della copertura e l’assenza di modificazioni alla sagoma dell’edificio, atteso che ciò che effettivamente rileva ai fini dell’acclarata necessità del richiesto titolo edilizio è il fatto di aver posto in essere una copertura che consente un utilizzo non precario ovvero permanete e non stagionale dello spazio chiuso così realizzato, avente un proprio ed autonomo impatto volumetrico.

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Recinzione costruita in rete e aste metalliche, quale permesso serve?

TAR Lazio, Latina, sent. 9 luglio 2020 n. 242

Sufficiente la DIA/SCIA per una recinzione costruita in rete e sorretta da aste metalliche, priva di muretti

Una recinzione costruita in rete e sorretta da aste metalliche, priva di muretti, considerando le sue caratteristiche strutturali di sostanziale precarietà e il suo ridotto impatto sul territorio, in quanto manifestazione del diritto di proprietà, che comprende il ius excludendi alios, non è sottoposta al regime abilitativo del permesso di costruire e, quindi, alla corrispondente sanzione demolitoria, ma alla più semplice DIA/SCIA, la cui mancanza è sanzionata con una sanzione pecuniaria (cfr T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 02/10/2019, n. 1699; Consiglio di Stato, sez. II, 20/03/2020, n. 1997).

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Ordinanza di demolizione, può decadere?

TAR Lazio, Latina, sent. 9 luglio 2020 n. 247

L’ordinanza di demolizione non è assoggettata ad alcun termine decadenziale ed è adottabile anche a notevole intervallo di tempo dall’abuso edilizio, costituendo atto dovuto e vincolato alla sola ricognizione dei suoi presupposti

Il lungo lasso di tempo trascorso tra la realizzazione del manufatto sine titulo e l’adozione di provvedimenti repressivi non elide l’esercizio del potere di contrasto degli abusi edilizi, né impone un più stringente obbligo motivazionale circa il permanere del carattere di attualità dell’interesse pubblico a demolire; questo perché non è ammissibile il consolidarsi di un affidamento degno di tutela in costanza di una situazione di fatto abusiva e giuridicamente illecita, la quale non può ritenersi legittimata per effetto del solo trascorrere del tempo.

Ne consegue che l’ordinanza di demolizione, quale provvedimento repressivo, non è assoggettata ad alcun termine decadenziale e, quindi, è adottabile anche a notevole intervallo di tempo dall’abuso edilizio, costituendo atto dovuto e vincolato alla sola ricognizione dei suoi presupposti (ex multis, T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, sent. 3 gennaio 2020, n. 31; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, sent. 4 novembre 2019, n. 12612).

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Ricostruzione di un rudere, che qualifica edilizia ha l’intervento?

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 6 luglio 2020 n. 517

La ristrutturazione edilizia di un rudere richiede la possibilità di individuare l’originaria consistenza dell’edificio; in difetto, l’intervento deve qualificarsi come nuova costruzione

L’art. 3, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 380 del 2001, nel testo modificato dall’art. 30 del D.L. n. 69 del 2013, conv. in L. n. 98 del 2013, ricomprende fra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli “volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza.” Il successivo comma 2 dispone che “Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi (…)”.

La legge 98/2013 ha superato la previgente nozione di ristrutturazione, che non ricomprendeva gli interventi finalizzati a ricostruire edifici allo stato di rudere, sul presupposto che la demolizione e successiva ricostruzione richiedesse necessariamente la sussistenza di un immobile da ristrutturare.

La novella legislativa, infatti, “ha allargato il concetto di ristrutturazione all’ipotesi di edificio che non esiste più, ma di cui si rinvengono resti sul territorio e di cui si può ricostruire la consistenza originaria con un’indagine tecnica (in tal senso cfr., ex multis, Cons. St., sez. VI, 3 ottobre 2019, n. 6654; T.A.R. Toscana, sez. III, 26 maggio 2020, n. 631). L’accertamento della consistenza iniziale del manufatto demolito o crollato deve fondarsi su dati certi ed obiettivi, quali, ad esempio, documentazione fotografica, aerofotogrammetrie e mappe catastali, che consentano di delineare, con un sufficiente grado di sicurezza, gli elementi essenziali dell’edificio diruto (in tal senso cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 23 dicembre 2019, n. 6098).” (T.A.R. Liguria Genova Sez. I, 11 giugno 2020, n. 364; conforme Cass. pen. Sez. III, 28 aprile 2020, n. 13148).

È necessario e sufficiente, quindi, per qualificare l’intervento come ristrutturazione, che l’originaria consistenza dell’edificio sia individuabile sulla base di riscontri documentali od altri elementi certi e verificabili (Cass. pen. Sez. III, 25-06-2015, n. 26713; Cass. pen. Sez. III, 30 settembre 2014, n. 40342).

Il vincolo della intellegibilità delle caratteristiche del fabbricato demolito non include invece alcun limite in relazione alla maggiore o minore risalenza nel tempo dell’intervento di demolizione.

La qualificazione dell’intervento di ricostruzione come nuova edificazione scatta – infatti – ove sia impossibile l’individuazione certa dei connotati essenziali del manufatto originario (mura perimetrali, strutture orizzontali e copertura), attesa la mancanza di elementi sufficienti a testimoniare le dimensioni e le caratteristiche dell’edificio da recuperare.

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Mancata ottemperanza dell’ordine di demolizione, quando decorre la prescrizione?

TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 8 luglio 2020 n. 1243

La prescrizione della sanzione per mancata ottemperanza all’ordine di demolizione decorre dalla demolizione e non dalla data di accertamento dell’abuso

Il termine di prescrizione del credito comunale per la sanzione ex art. 31, comma 4-bis, d.P.R. n. 380/2001 non decorre dalla data di accertamento dell’esistenza dell’abuso o dell’inottemperanza, ma solo dalla demolizione: infatti, avendo la sanzione per oggetto un comportamento omissivo di natura permanente, la violazione permane fino alla demolizione degli abusi, impedendo la decorrenza del termine di prescrizione (TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 4 dicembre 2019, n. 2588).

Non è neanche richiesta alcuna motivazione circa la sussistenza di un interesse pubblico nell’adozione del provvedimento impugnato, poiché lo stesso è atto strettamente vincolato e dovuto al ricorrere del presupposto dell’inottemperanza all’ordinanza di demolizione (TAR Liguria, sez. I, sent. 5 dicembre 2017, n. 907).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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Foto: iStock/ronstik

Fonte: EdilTecnico

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