Il codice civile, all’articolo 1117 c.c. (che è quello che, solamente in via esemplificativa, elenca le parti di un edificio da considerarsi comuni in assenza di diversa disposizione dell’atto d’acquisto o del regolamento contrattuale), non menziona espressamente il cavedio.
Il termine deriva da cavaedium che, nella casa romana, era lo spazio scoperto al centro della domus, contornato al perimetro da un muro, sul quale si aprivano le porte di accesso alle varie stanze. Se nell’atto costitutivo del condominio, l’originario proprietario del fabbricato non si riserva la proprietà del pozzo di luce, tale bene diventa di proprietà comune ai sensi dell’art. 1117 c.c.
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La presunzione di proprietà comune non può essere messa in discussione, nel silenzio del titolo, dalla mera possibilità di accesso al bene comune soltanto dall’appartamento di uno dei condomini o dal fatto che quest’ultimo abbia provveduto anche a collocarvi impianti al servizio della proprietà esclusiva.
Ciò perché l’utilità particolare che deriva da tali circostanze non è suscettibile di incidere sulla destinazione tipica e normale del cavedio (Cass. civ., Sez. II, 23/10/2020, n. 23316).
Funzione del cavedio
La natura condominiale del cavedio o pozzo di luce posto nell’edificio condominiale (talora denominato chiostrina o vanella) – cortile di piccole dimensioni, circoscritto dai muri perimetrali e dalle fondamenta dell’edificio comune – discende dalla prevalente destinazione di dare aria e luce a locali secondari (bagni, gabinetti, disimpegni, servizi ecc.). Tale pozzo di luce serve a soddisfare le esigenze igieniche e a garantire la salubrità dei caseggiati (i regolamenti edilizi ne stabiliscono l’area e l’ampiezza minima); in ogni caso occorre notare che, avuto riguardo alla configurazione fisica (è circoscritto dalle fondamenta e dai muri perimetrali dell’edificio) ed alla specifica funzione (che è quella di dare aria e luce agli ambienti che in esso prospettano), al cavedio si applica il regime del cortile.
Le spese relative al cavedio
Secondo una decisione di merito (Trib. Genova 20 gennaio 2011), tenendo conto dei principi del condominio parziale, si deve escludere dalla partecipazione alle spese di manutenzione o ricostruzione di tale cortile interno quelle proprietà esclusive che da esso non traggono utilità alcuna (ex art. 1123 c.c., ultimo comma, c.c.). Le spese per le superfici della facciata interna che delimitano il suddetto spazio, invece, devono essere ripartite tra tutti i condomini.
Uso lecito del cavedio
Anche tale spazio interno è fruibile dai condomini, cui spetta anche la facoltà di praticare aperture che consentano di ricevere aria e luce dal cortile comune o di affacciarsi sullo stesso, con i soli limiti posti dall’articolo 1102 c.c., di non alterare la destinazione del bene comune o di non impedirne l’uso da parte degli altri proprietari.
Rispetta tali limiti, ad esempio, l’installazione di una canna fumaria da parte di un condomino in aderenza al muro comune di una chiostrina e al servizio di un locale di sua esclusiva proprietà, qualora l’opera sia conforme alla normativa vigente in tema di sicurezza degli impianti, sia costruita in modo tale da preservare da ogni danno alla salubrità ambientale e sia posta nel rispetto delle distanze legali fissate dall’art. 889 c.c. al fine di non ridurre le funzioni di aerazione luce agli appartamenti interessati dal suo passaggio.
È lecita anche la realizzazione sulla chiostrina di una struttura in policarbonato se non comporta alcun pregiudizio per quanto riguarda la presa d’aria ed occupa solo uno dei lati della chiostrina.
Inoltre è certamente ammissibile l’installazione di un ascensore se occupa solo parzialmente la superficie del cavedio e non sussistono pregiudizi alla statica ed all’estetica del fabbricato o menomazioni, degne di rilievo.
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Uso illecito del cavedio
Non è lecita invece, ad esempio, la decisione di realizzare un impianto ascensore che limiti fortemente il godimento del cavedio comune riducendo l’afflusso di aria e luce (funzione precipua del cortile) in danno di un condomino che inevitabilmente subisce una riduzione di valore dell’immobile (Trib. Milano 21 giugno 2019).
Inoltre, è stata confermata la condanna, in favore dei condomini richiedenti, alla rimessione in pristino dell’originario stato di uno un cavedio chiuso da un altro condomino con una soletta avente funzione di copertura in corrispondenza del primo piano (Cass. civ., Sez. II, 21/07/2015, n. 15327). Allo stesso modo non è lecito realizzare, all’interno del cavedio o pozzo luce, un manufatto di cemento armato mai autorizzato dagli altri comproprietari, nonché, a livello urbanistico, comportante una riduzione notevole della sezione originaria del cavedio (Trib. Sulmona 23 maggio 2022: nel corso del procedimento il CTU accertava che, mentre il fascio di luce che penetrava in verticale nel cavedio originale aveva una dimensione di ml 1,21 x 2,36= mq 2,86, a seguito della realizzazione delle solette al piano di calpestio e del soffitto al piano terzo, tale fascio di luce si era ridotto di ml 0,98×1,21=mq 1,18).
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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Immagine: iStock/VvoeVale