Negli ultimi anni è aumentato in modo esponenziale il numero di proprietari che decidono di destinare i propri immobili per attività di tipo ricettivo. Il problema è che spesso vengono utilizzati appartamenti facenti parte di un condominio.
L’espansione dell’attività di bed and breakfast ha inevitabilmente portato ad un aumento del contenzioso condominiale concernente la legittimità o meno del suo esercizio all’interno del condominio, questione che si risolve verificando se tale attività sia menzionata o, comunque, rientri in una delle fattispecie vietate dal regolamento.
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Non si può sostenere infatti che l’attività in questione violi, di per sé, l’art. 1122 c.c. (ai sensi del quale nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio), oppure gli artt. 1102 e 1120 c.c., in tema di pari uso delle cose comuni, di stabilità, di sicurezza e di decoro architettonico dell’edificio.
Indice
B&B, le limitazioni del regolamento di condominio
L’attività di bed and breakfast in condominio può essere vietata se così è previsto da una specifica clausola del regolamento condominiale di natura contrattuale (imposta dal costruttore e accettata da tutta la collettività condominiale o votata all’unanimità dall’assemblea condominiale) che contenga il divieto di aprire un bed and breakfast in condominio.
Tale limitazione, però, da ascriversi al genere delle servitù reciproche atipiche, è opponibile al soggetto che, nel tempo, acquista l’unità immobiliare, solo se espressamente richiamata nell’atto di acquisto oppure, in mancanza di apposito esplicito richiamo, se risulta trascritta la specifica clausola regolamentare che la prevede, non essendo sufficiente la generica trascrizione del regolamento contrattuale in cui sia inserita (Trib. Pordenone 5 agosto 2022, n. 442).
Se poi una clausola del regolamento vieta nelle abitazioni quelle attività che possono turbare la tranquillità dei condomini non è “automaticamente” possibile chiedere la chiusura di un bed and breakfast o la cessazione dell’attività di affittacamere. Non è certo infatti che il rumore prodotto da uno dei condomini che risiede nel caseggiato sia inferiore a quello di uno dei clienti dell’attività ricettiva. Per sostenere la violazione delle norme regolamentari occorre allora fornire elementi da cui desumere l’effettiva e concreta messa in pericolo della tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni a causa dell’attività di affittacamere e di bed and breakfast.
B&B e uso intenso delle parti comuni: si possono aumentare le spese al condomino che ha aperto l’attività?
Un altro aspetto sul quale è necessario soffermare l’attenzione riguarda l’uso dei servizi comuni e il riparto delle spese condominiali. È evidente che lo svolgimento dell’attività di bed and breakfast possa comportare un uso più intenso delle parti e servizi comuni, quali, le scale, il cortile, l’ascensore o il servizio di portineria.
Di conseguenza è possibile che la restante parte dei condomini pretenda un aggravamento delle spese a carico del condomino che ha aperto la detta attività.
A tale proposito merita di essere segnalata la vicenda esaminata dal Tribunale di Roma (sentenza n. 1271 del 24 gennaio 2024). Nell’appartamento di un condomino (quattro camere matrimoniali per 8 posti letto) si esercitava l’attività ricettiva di erogazione di servizi per l’ospitalità (c.d. “bed and breakfast”). L’immobile veniva frequentato da tanti e sempre diversi utilizzatori, con un uso più intenso delle parti comuni e dell’ascensore, sicuramente maggiore rispetto ai titolari delle altre unità immobiliare usate come abitazione. Tale maggiore uso comportava sporcizia nelle scale e nell’androne, ripetuti blocchi dell’ascensore, con conseguente forte aumento degli interventi manutentivi e delle relative spese.
L’assemblea del caseggiato, tenendo conto della situazione, in deroga al criterio di riparto di cui al 1123 c.c., deliberava di aumentare del 30% la quota condominiale da corrispondere a carico del titolare del bed and breakfast. Quest’ultimo impugnava la delibera, richiedendo al Tribunale che fosse dichiarata l’illegittimità della decisione, disponendo per l’effetto il suo annullamento ed adottando ogni provvedimento consequenziale. Il Tribunale ha dato ragione al condominio convenuto. Il giudicante ha notato che una clausola del regolamento di condominio di natura contrattuale stabiliva quanto segue: “qualora gli appartamenti vengano destinati ad un uso consentito ma diverso da quello di abitazione, e per effetto di tale mutamento il condomino o i suoi aventi causa intensifichino l’uso dell’androne delle scale dell’ascensore, può con la maggioranza prevista dall’art. 1136 c.c., secondo comma, imporre una maggiorazione del contributo spese di gestione e di manutenzione dovuto a sensi del presente regolamento, per tali parti e servizi comuni”.
Come evidenzia lo stesso giudice il detto regolamento è risultato validamente opponibile al proprietario dell’unità immobiliare, nonostante il suo acquisto sia intervenuto successivamente all’approvazione dello stesso, perché rigorosamente trascritto nei registri immobiliari. La delibera, quindi, è risultata valida. In mancanza di tale clausola, però, l’assemblea non può derogare ai criteri di ripartizione delle spese previsti dalla legge se non attraverso una delibera totalitaria (1000/1000).