Secondo un principio pacificamente sostenuto dalla giurisprudenza nel contratto di appalto il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente.
Nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione debba provarsi per iscritto; nel secondo, invece, l’art. 1661 c.c., consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente (Cass. civ., sez. II, 19/09/2011, n. 19099).
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Condominio, varianti e lavori extra contratto
L’amministratore che, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 1135 c.c., comma 2, abbia assunto l’iniziativa di compiere opere di manutenzione straordinaria caratterizzate dall’urgenza, che effettivamente ricorra, spendendo, nei confronti dei terzi, il nome del condominio, assume una obbligazione a questo direttamente riferibile, atteso che in tal caso il condominio deve ritenersi validamente rappresentato.
Al contrario, qualora i lavori eseguiti da terzi su disposizione dell’amministratore siano carenti del requisito dell’urgenza, le iniziative adottate dall’amministratore in merito a lavori straordinari non creano obbligazioni per i condomini, nel senso che non li vincolano al pagamento, né verso l’amministratore, né verso l’impresa che ha eseguito i lavori. Quest’ultima, infatti, ha l’onere di accertarsi preventivamente circa i pieni poteri dell’amministratore a conferire l’incarico: se non lo fa, non può poi far ricadere sui condomini le conseguenze della propria negligenza. Quindi l’appaltatore può sempre esigere dall’amministratore, in sede di stipula del contratto di appalto, una copia firmata (dal medesimo amministratore) della delibera di autorizzazione all’esecuzione dei lavori ed alla firma del contratto.
Anche l’amministratore dovrebbe premurarsi di recare sempre con sé e consegnare all’appaltatore, in occasione della stipula del contratto, la delibera che lo autorizza ad affidare a quella ditta i lavori ed a sottoscrivere il contratto, in quanto, come abbiamo visto, mancando detta delibera (o un’eventuale ratifica ex post di quanto fatto), l’amministratore dovrà accollarsi l’intero costo delle opere.
Quanto detto in ordine all’approvazione delle modalità costruttive ed al prezzo vale, ovviamente, anche per le varianti dell’opera di manutenzione straordinaria appaltata dal condominio, dovendo parimenti le variazioni alle originarie modalità convenute essere autorizzate dall’assemblea del condominio, sempre ex artt. 1135, comma 1, n. 4, e 1136, comma 4, c.c. (Cass. civ., sez. II, 21 febbraio 2017, n. 4430). In quest’ottica l’amministratore non ha potere di disporre lavori extra-contrattuali di natura straordinaria, né tantomeno di sottoscrivere alcunché (sia esso un contratto o una richiesta al DL o alla ditta) in nome e per conto del condominio, posto che, in questo caso, la delibera di autorizzazione costituisce un presupposto normativo ineliminabile del contratto di appalto. Anche in tal caso rapporto obbligatorio non è riferibile al condominio, trattandosi di atto posto in essere dell’amministratore al di fuori delle sue attribuzioni.
Arricchimento senza causa: un caso recente
Una ditta edile, su autorizzazione dell’assemblea di un condominio, stipulava un contratto di appalto per la realizzazione delle opere di ristrutturazione in un caseggiato. A lavori iniziati ed in occasione di un sopralluogo effettuato insieme al direttore dei lavori nominato dal condominio, al fine di coordinare i lavori appaltati, gli stessi notavano un degrado della guaina impermeabilizzante sovrastante il cornicione dell’ultimo piano ed infiltrazioni dallo stesso; la ditta comunicava per iscritto con mail, sia al direttore dei lavori che all’amministratore, lo stato di degrado su descritto del cornicione e della facciata dell’ultimo piano.
A seguito di un nuovo sopralluogo congiunto, considerato il pericolo di caduta di calcinacci sulla strada sottostante, l’amministratore faceva redigere una relazione tecnica e poi autorizzava l’Impresa ad effettuare anche i suddetti lavori (aggiuntivi rispetto a quelli convenuti nel contratto di appalto) e ciò a tutela dell’incolumità di persone e cose, stante l’urgenza e l’indifferibilità.
Il D.L. redigeva poi il verbale di ultimazione dei lavori e certificato di collaudo. Successivamente la ditta si rivolgeva al Tribunale per l’accertamento del credito e la condanna del condominio al pagamento delle opere extra-contratto, non avendo ottenuto il corrispettivo dovuto, nonostante i solleciti rivolti al committente. In ogni caso l’attore chiedeva in via subordinata un compenso per le opere per arricchimento senza causa.
La decisione
Il Tribunale ha ribadito che, trattandosi di lavori ulteriori e diversi da quelli oggetto del contratto, l’appaltatrice avrebbe dovuto attendere l’autorizzazione del condominio prima di eseguire le lavorazioni aggiuntive. Del resto, come sottolinea lo stesso giudice, i lavori in questione non potevano essere ordinati dall’amministratore in quanto interventi non urgenti. Infatti, nel corso del procedimento, non è stato depositato alcun documento utile per sostenere l’urgenza proveniente da soggetti terzi e qualificati (ad es. verbale dei vigili del fuoco, ordinanza sindacale etc.).
Quanto alla domanda subordinata ex art. 2041 c.c. il giudicante ha ricordato che l’indebito arricchimento deve essere caratterizzato dall’arricchimento ingiusto, da un impoverimento altrui, da un nesso causale tra l’arricchimento e l’impoverimento (ossia che il fatto generatore sia unico) e dalla sussidiarietà dell’azione, mentre, secondo la giurisprudenza di legittimità più recente, non appare più indispensabile il riconoscimento dell’utilitas.
Tenendo conto di quanto sopra, il Tribunale ha notato che la ditta ha eseguito le lavorazioni indicate nel computo metrico consuntivo (pari ad € 23.247,19), senza tempestiva e specifica contestazione da parte del condominio, né con riferimento alla esecuzione di tutte le voci analiticamente riportate nel consuntivo, né con riferimento ai prezzi praticati. Per il giudice partenopeo il condominio, quindi, ha senz’altro tratto vantaggio dalle lavorazioni eseguite dalla ditta, con conseguente obbligo di indennizzare parte attrice.
La misura dell’indennizzo, considerando i costi sostenuti dalla ditta per l’esecuzione delle opere è stata liquidata equitativamente (non potendo corrispondere all’intero prezzo dell’appalto in assenza di valido contratto) nella misura di € 15.133,81. Si ricorda che sulla somma riconosciuta vanno calcolati la rivalutazione (trattandosi di debito di valore) e gli interessi legali dalla domanda sino al pagamento.