In condominio, la costruzione di un balcone o di una veranda da parte del proprietario dell’appartamento al piano terra può violare il diritto alla vista in appiombo dei condomini soprastanti? Vediamo come è andata la vicenda analizzata dal Tribunale di Roma, dalla Corte d’Appello di Roma e dalla Corte di Cassazione, e come si è risolta.
Due condomini realizzavano nel proprio giardino un balcone in aderenza al muro perimetrale. I condomini proprietari dell’appartamento soprastante si rivolgevano al Tribunale per richiedere la demolizione del manufatto. Secondo gli attori il balcone era stato costruito in violazione della normativa sulle distanze legali e comportava un’alterazione del decoro architettonico dell’edificio; di conseguenza pretendevano la condanna dei convenuti al risarcimento dei danni per deprezzamento del proprio appartamento.
Il Tribunale respingeva la domanda. Gli attori allora proponevano appello contro detta sentenza e chiedevano che fosse dichiarato illegittimo il manufatto perché realizzato senza concessione e in difformità delle distanze legali anche ai sensi dell’articolo 907 c.c.
La Corte di Appello rigettava l’impugnazione. Secondo i giudici di secondo grado infatti vi era stata “una modifica inammissibile della linea difensiva” in quanto con l’atto introduttivo del giudizio gli attori in primo grado avevano sottolineato che il nuovo balcone era stato abusivamente realizzato in difformità a quanto stabilito dalla legge in materia di distanze legali e regolamentari, mentre in una memoria successiva avevano precisato che il manufatto doveva essere dichiarato illegittimo perché violazione del diritto di veduta ex art. 907 c.c..
In ogni caso la Corte escludeva la violazione delle distanze, e, quindi, il deprezzamento dell’immobile per il mancato rispetto del decoro architettonico dell’edificio (nonostante la consulenza lo avesse ritenuto sussistente). I soccombenti ricorrono in cassazione, continuando a lamentare la violazione dell’articolo 907 c.c.
Quindi: la costruzione di un balcone da parte del proprietario dell’appartamento al piano terra può violare il diritto alla vista in appiombo dei condomini soprastanti?
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La soluzione
La Cassazione ha dato ragione ai ricorrenti. Il balcone è da considerare abusivo. Del resto – come osservano i giudici di supremi – il consulente tecnico d’ufficio è stato chiaro sul punto: la costruzione delle parti convenute era posta a distanza inferiore a quella di metri 3 prevista dall’articolo 907 c.c.
Come ricorda la Cassazione, infatti, le vedute implicano il diritto ad una zona di rispetto che si estende per 3 metri in verticale rispetto al piano corrispondente alla soglia della veduta medesima, sicché ogni costruzione che venga a ricadere in quella zona è illegale e va rimossa. L’obbligo suddetto si applica anche ai rapporti tra condomini, i quali hanno diritto di non vedere limitato il proprio diritto di veduta in appiombo a causa di costruzioni eseguite da altri condomini. La Cassazione ha perciò cassato la sentenza impugnata con rinvio alla Corte in diversa composizione.
Le riflessioni conclusive
L’art. 907 c.c. pone un divieto assoluto a costruire a distanza inferiore ai tre metri dalle vedute dirette aperte sulla costruzione del fondo vicino. La sua violazione si realizza in forza del semplice fatto che la costruzione venga realizzata a distanza inferiore a quella stabilita, a prescindere da ogni valutazione in concreto sulla sua idoneità o meno ad impedire o ad ostacolare l’esercizio della veduta.
Pertanto, quando si è acquistato il diritto multidirezionale di avere vedute sul fondo del vicino, il proprietario di questo, nell’installazione di una struttura (soprattutto una veranda), deve rispettare le distanze in verticale e in appiombo, secondo le disposizioni di cui all’art. 907 c.c., per consentire le vedute dirette, oblique, e in appiombo e quindi tenersi a distanza di tre metri sotto la soglia dell’appartamento sovrastante. Tale limite, previsto dal codice civile come distanza minima, quindi, deve essere rispettato non solo in orizzontale, ma anche in verticale, cioè tra il proprietario del piano appena sottostante, che ha costruito la tettoia, e quello posto al piano di sopra che, affacciandosi dalle proprie finestre non è più in grado di vedere in appiombo. Alla luce di quanto sopra si può affermare che in un condominio, qualora un’opera realizzata su una porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini ostacoli la veduta dalle finestre di altra proprietà esclusiva, trova applicazione la disciplina delle distanze dalle vedute, senza che ciò trovi ostacolo nella disciplina condominiale.
In particolare il proprietario di unità immobiliare facente parte di un caseggiato ha diritto di esercitare dalle proprie aperture la veduta in appiombo fino alla base dell’edificio e di opporsi conseguentemente alla costruzione di altro condomino che, direttamente o indirettamente, pregiudichi tale suo diritto, senza che possano rilevare le esigenze di contemperamento con i diritti di proprietà ed alla riservatezza del vicino, avendo operato già l’art. 907 c.c. il bilanciamento tra l’interesse alla medesima riservatezza ed il valore sociale espresso dal diritto di veduta, poiché luce ed aria assicurano l’igiene degli edifici e soddisfano bisogni elementari di chi li abita(Cass. civ., sez. II, 27/02/2019, n. 5732).
>> Qui la sentenza: Corte di Cassazione – sez. II civ. – sentenza n. 40580 del 17-12-2021
>> Riferimenti normativi: art. 907 c.c.
>> Precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. II, Sentenza n. 7269 del 27/03/2014
Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista
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